BORGHI SU NUOVO DECRETO DRAGHI, CHIUSURE E RESTRIZIONI ▷ “Prima stesura insoddisfacente. Lockdown? Non ci sono dati a favore”

Non cambierà l’antifona su chiusure e restrizioni, nemmeno dopo il periodo pasquale. Almeno così trapela da Palazzo Chigi, dove è in corso il Consiglio dei Ministri che si esprimerà sul nuovo decreto anti-Covid che entrerà in vigore a partire dal 7 aprile. Nessuna regione dovrebbe entrare nella fascia considerata meno a rischio, vale a dire la zona gialla.

Si va dunque verso un mantenimento dello status quo, con l’intero Paese a tinte rosse o arancioni (nei casi migliori). A prevalere ancora una volta dovrebbe essere la linea rigorista del Governo Draghi, con buona pace del centro-destra appartenente alla maggioranza che da giorni spinge per una riapertura in sicurezza del Paese.

Dubbi sulle decisioni che stanno per essere prese li ha manifestati in diretta il deputato della Lega Claudio Borghi, intervenuto ai microfoni di Luigia Luciani e Stefano Molinari per commentare le ultime notizie sul prossimo decreto a firma di Mario Draghi.

Ecco l’intervento dell’Onorevole Claudio Borghi a Lavori in corso.

Al momento le bozze sono totalmente non soddisfacenti perché si parla di mantenimento di zone arancioni e rosse, seppur viene esplicitato che se i dati dovessero migliorare è possibile attuare delle deroghe.

Se è indubbio il fatto che le chiusure portano a forti miglioramenti della situazione dei contagi, uno a quel punto dice devo risarcire i cittadini che sono chiusi non per un loro capriccio. Però il problema è che ci sono degli studi scientifici di altissimo livello che coinvolgono i primi epidemiologi del mondo e che quasi in maniera concorde stanno arrivando a dire che non ci sono dati a favore dell’efficacia del lockdown. E quindi sarebbe opportuno parlarne, in questo caso. Noi siamo in Parlamento per prenderci le responsabilità.

È un anno che il mantra è ‘separiamoci adesso per abbracciarci più forte domani’: lo abbiamo già sentito. Come anche ‘chiudiamo tutto oggi per aprire a Pasqua’. A questo punto mi viene da dire che se si potesse discutere di queste cose, si potrebbe mettere sul piatto un’esperienza diversa. Una fra tanti è quella della Spagna: teatri e cinema aperti dalla scorsa estate e agli inizi di febbraio ai ristoranti è stato concesso di restare aperti fino alle 23 di sera. Ora, saranno morti tutti gli spagnoli oppure il contagio è andato a scendere? Incredibilmente il contagio è andato a scendere, seguendo la stagione.

Capite che secondo me e secondo gli studiosi che dicono che non serve il lockdown, l’errore concettuale è proprio nel pensare che se io impedisco alle persone di fare qualcosa, queste persone spariscano. Invece nel mondo reale, dove non ci sono topi da laboratorio, è possibile che succeda il contrario. Non è che le persone spariscano.

A me sembra che non si guardino i dati. È un fatto che non vi è praticamente mortalità sotto gli under 50. Quindi, la faccio semplice, una famiglia giovane con due genitori di 35 anni e due figli che vanno a scuola, il loro rischio di vita per covid è bassissimo. Noi abbiamo ora una serie di dati che ci dicono che l’anno scorso, anno di pandemia, i morti sotto i 50 anni in Italia sono stati 1600 in meno rispetto alla media dei 5 anni precedenti.

Quindi capite che noi abbiamo un problema molto mirato agli anziani. Non è una soluzione chiudere tutto dove gli anziani non ci sono. Viceversa sarebbe molto intelligente proteggere e tutelare gli anziani. E questo si potrebbe fare con un impedimento molto più piccolo. Estremizzo: costerebbe infinitamente meno dare 5 mila euro al mese a un anziano perché stia a casa, rispetto che chiudere tutto”.