E’ un pensiero a voce alta quello che vi trasmetto, un pensiero che ho maturato nel tempo e che non ho timore a esternare.
Senza giri di parole: non so se, come e quando finirà l’emergenza legata al coronavirus. So tuttavia con certezza che la normalità non tornerà mai più.
Certe cose ovviamente torneranno com’erano, e ciò verosimilmente varrà per molte cose.

Ciò da cui invece difficilmente si tornerà indietro è il principio del distanziamento sociale, o “social distance”, se vogliamo esprimerci nella lingua ufficiale dei mercati.
Il distanziamento sociale è la nuova base di organizzazione disciplinare economica e politica della società forgiata ex novo dall’emergenza epidemiologica. Emergenza che ha posto in essere il fondamento di una nuova razionalità politica che usa l’emergenza come base per contrarre i diritti e per reimpostare la vita di tutti in nome del paradigma biosecuritario.
Anche in futuro, se e quando la pandemia terminerà, non smetteremo di vivere distanziati socialmente, con tutto ciò che comporta in ogni ambito, dall’economia alla politica e, naturalmente, alla società.

La società incardinata sul principio del distanziamento sociale, semplicemente non è più una società. E’ semmai un aggregato di solitudini sconnesse che unicamente mirano a immunizzarsi reciprocamente, distanziandosi ed escludendosi.
Tali solitudini connesse via internet si considerano come potenzialmente nocive le une per le altre: “Homo homini virus“, secondo il rimodellamento hobbesiano della società basata sul virus.
Da questo modello di società distopico e orwelliano difficilmente ci libereremo. Così si spiegano, peraltro, i soliti iterati interventi in cui politici, virologi e autoproclamati professionisti dell’informazione ci segnalano che, anche una volta finita l’emergenza, continueremo a vivere distanziati con le misure emergenziali attive come solitudini telematiche sconnesse dal mondo e perennemente connesse alla rete dell’internet.

Già addirittura si precisa da più parti che anche se vaccinati, dovremo ugualmente sottoporci al regime disciplinare terapeutico.
Che i più non capiscano il fondamento di questa riorganizzazione totale e totalitaria del paradigma di governo delle cose e delle persone è – ça va sans dire – parte del problema.
Dopo le disavventure del Novecento, i dispotismi e le tirannidi si presentano oggi in forma inedita. Si presentano infatti come regimi biosecuritari, che per garantire alla mera vita la sicurezza dal contagio limitano con successo le libertà e i diritti, e insieme riformulano l’economia e la società in maniera ancor più favorevole ai ceti dominanti: i ceti, cioè, che dall’emergenza pandemica continuano senza posa a trarre beneficio, a inanellare un successo dietro l’altro.

Ebbene, il beneficio che suddette classi dominanti traggono non è solo di ordine economico: è anche inevitabilmente politico, se si considera seriamente il nuovo governo autoritario che a colpi di lockdown e coprifuoco viene imposto ai ceti subalterni.
Questi ultimi ora sono trattati come plebi sul piano sociale-politico, e insieme come appestati e untori sul piano medico-sanitario.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro