Cominciamo dalle note stonate degli infortuni, perché al momento è davvero avventuroso ipotizzare la linea difensiva (a tre o a quattro?) che Fonseca potrà allestire domenica contro il Benevento. Persi subito Cristante e in seguito Ibanez, i giallorossi hanno dovuto ridefinirsi, letteralmente, dal punto di vista tattico. Bravi a non disunirsi, a ritrovare una differente compattezza: bravo Villar, per esempio, per il lucido sacrificio; bravo Spinazzola per aver coperto più metri di campo del solito; bravo per l’equilibrio Karsdorp, che da un po’ di tempo è cresciuto quanto ad attitudine alla copertura. Bravo Bruno Peres per essersi fatto trovare subito pronto, catapultato in partita quasi senza riscaldamento.

Dopo il vantaggio siglato dal bellissimo, perché è stato bellissimo, gol di Dzeko, gli uomini di Fonseca hanno dato l’impressione di piacersi un po’ troppo, Pedro in testa, dalla trequarti in su. I portoghesi, dal canto loro, si sono dimostrati molto più fumosi, per la propria fase offensiva, di quanto i numeri complessivi delle loro segnature facessero pensare.

È stato più pregiudicante per il Braga giocare in dieci – sacrosanta l’espulsione di Esgaio – o per la Roma dover letteralmente reinventare il proprio reparto arretrato? Dibattito aperto.

Una serie di prestazioni vanno sottolineare: bene Diawara per essenzialità delle giocate e lucidità nella distribuzione di palla, a cominciare dall’apertura da cui nasce l’azione del vantaggio; bene Mkhitaryan, al solito, che confeziona col busto ruotato di centottanta gradi l’apertura rasoterra da “terzo occhio” in occasione del raddoppio; bravissimo, e continua a non fare notizia, Jordan Veretout per la completezza del suo apporto, nel computo globale tra chilometri percorsi, palloni recuperati e gestiti, ribaltamenti delle azioni, incursioni negli spazi.

Un dato, brilla, in un finale di partita in cui il secondo gol è la ratifica minima, ma non bastevole, a un dominio mai in discussione: l’aver avuto la pazienza di trovare, pur senza dannarsi l’anima, il secondo gol nel finale, può essere indice di una mentalità accresciuta, di un giusto cinismo che può esaltare, finalmente, la cifra tecnica indiscutibile per quanto riguarda gli uomini di Paulo Fonseca.

La chiusura è per il tecnico: stasera l’ha preparata parecchio bene; ha gestito le emergenze in corsa; ha operato i cambi giusti nei momenti in cui si doveva provare a cambiare i ritmi di una partita dominata ma ancora non messa al sicuro, prima del gol di Mayoral.

La Roma torna dal Portogallo con tre quarti di qualificazione agli ottavi in tasca: questa Europa League va onorata in ogni modo, innanzitutto per l’autostima che deve alimentarsi di partita in partita.

Paolo Marcacci