Medici di base, non guru, quelli che avevano avvisato il Ministro Speranza. Operatori della medicina territoriale, “combattenti sul campo”, come spesso vengono appellati, ma ai quali da marzo è stato impedito di combattere: ordini del ministero.
Lasciate a casa i malati. Tachipirina e aspettare che il virus faccia il suo corso, nel bene o nel male: questa la sintesi delle direttive del Ministero con a capo proprio Roberto Speranza.
Il ministro però non era rimasto nell’ignoranza sul loro lavoro. Il numero uno alla Sanità sapeva che, intervenendo per tempo e facendo agire i medici di base come da prassi, si sarebbe potuto limitare l’effetto del Covid sui più deboli.

O per lo meno avrebbe potuto saperlo, se avesse letto la lettera inviata da diversi medici di base direttamente a lui con tutte le informazioni su come fronteggiare l’epidemia.
Lo ha riferito in diretta la Giornalista Angela Camuso, la cui indagine è stata divulgata dalla trasmissione di Rete 4 “Fuori dal Coro”.
Un’inchiesta che ha dato voce a quei medici che testimoniano di aver continuato a curare i propri pazienti nonostante fosse vietato dal Governo, ottenendo sin dai mesi clou della pandemia risultati straordinari.
Guardate cosa ha detto ai microfoni di Fabio Duranti e Francesco Vergovich.

La sostanza è questa: si muore di Covid perché quasi nella totalità dei casi le persone vengono lasciate a casa ad aspettare senza cure. Non parliamo di chi potrebbe cavarsela da solo con le sue difese immunitarie, ma di chi invece le difese immunitarie non le ha a sufficienza per combattere il virus: quindi ci si aggrava e si arriva all’ospedale quando è tardi. Questo è avvenuto purtroppo nella prima ondata, così come nella seconda e sta avvenendo anche adesso nonostante le autorità sanitarie sapessero da aprile che c’era la possibilità di una cura. Una cura che funziona a patto che sia tempestiva e che può essere fatta da qualsiasi medico perché si basa su farmaci che fanno parte del nostro prontuario medico da anni.

I medici mi hanno detto questo. Chi sono questi medici?
Sono centinaia di medici di base che si sono ribellati sin dall’inizio a quelle che erano le direttive governative che dicevano che bisognava lasciare il paziente da solo a casa senza visitarlo, con la tachipirina, e aspettare che diventasse grave, quindi a quel punto chiamare l’ambulanza.
Sono medici di base ma anche specialistici. Ci sono pneumologi, ci sono infettivologi e c’è un professore di farmacologia che è stato il primo firmatario di questo appello che è stato inviato ad aprile al ministro Speranza dove si diceva che le cure per il Covid c’erano, ma che bisognava essere tempestivi. Questo appello è stato ignorato.

Questa è la situazione: noi abbiamo da una parte una realtà medica empirica inoppugnabile, perché questi medici hanno in archivio tutti i pazienti che sono guariti (migliaia) e queste migliaia di pazienti guariti potrebbero essere stati e potrebbero essere in futuro centinaia di migliaia se solo tutti i medici facessero semplicemente i medici, cioè andassero a visitare i pazienti a casa, a sentire i loro polmoni, a vedere se la malattia si sta aggravando e, a quel punto, intervenire immediatamente con farmaci normalissimi che vanno ad agire – attenzione – non sul virus, perché al momento non c’è nessun farmaco a disposizione per farlo, ma su quelle che sono le complicanze del virus a livello infiammatorio e su una risposta abnorme del nostro organismo rispetto all’attacco al sistema immunitario.
Il nostro organismo, quando arriva il Covid, se non riesce a difendersi da solo, dopo tre-quattro giorni, all’inizio dei sintomi, comincia una degenerazione.
Ci sono quindi dei medicinali monomodulanti, antiinfiammatori o antibiotici che bloccano questa degenerazione.

Ho intervistato persone dagli 80 agli 87 anni pluripatologiche: cardiopatici, diabetici, guariti da tumori. Sono guariti dal Covid.
Si tratta di casi clinici assolutamente documentabili, perché sono negli archivi di questi medici del Servizio Sanitario Nazionale, quindi non medici alternativi, guru o santoni
“.