A tu per tu con Serse Cosmi ▷ “Per una notte ho allenato la Roma. Allenatori giovani? Quando Mancini iniziò era fuori regolamento”

Serse Cosmi: uomo vero e mister ancora determinato. L’ex trainer del Perugia di Gaucci Presidente, con Miccoli, Grosso e Ze Maria in campo, vuole ancora regalare e regalarsi emozioni.

Da Arezzo e Udine passando per Genoa, Brescia e Trapani. Tappe importanti di una carriera lunga, dura, faticosa ma piena di gioie e anche dolori. Dai dilettanti al gotha del calcio: un giro immenso per il tecnico umbro.

Cosmi è intervenuto ai microfoni di Radio Radio nel corso del consueto appuntamento con Food Sport. In studio Francesco Di Giovambattista con Enrico Camelio.

Quanta manca la panchina?

“Certo che mi manca. Manca tantissimo perché ancora sento di poter vivere e condividere la mia passione, che col tempo è diventata anche un lavoro, insieme ad altri. Nel momento in cui non sentirò più questa voglia non ci sarà nessuno a dirmi di smettere, lo farò da solo. Io sicuramente una società non la compro per allenare”.

Sul caso Zaniolo

“Più che un caso quello di Zaniolo è diventato un casino. Perché questo è un ragazzo che, da subito, ha dimostrato di avere dentro qualcosa in più rispetto ai ragazzi della sua età. Poi ha avuto problemi fisici ed è stato maledettamente sfortunato, soprattutto nel secondo infortunio che è avvenuto in Nazionale. Però è ancora giovane. Accompagnata a questo talento in prospettiva futura c’è una personalità molto particolare. Sembra che certi giocatori, dotati dal padre eterno di qualcosa di straordinario, debbano confermarsi attraverso passaggi inevitabili della propria vita. Lui sta passando periodi in cui è incastrato in altre situazioni. Se supera questo aspetto migliorerà anche come calciatore. Questi sono passaggi che lui deve affrontare con le persone giuste”.

I ricordi in panchina con qualche rammarico

“Sicuramente gli errori li fanno tutti. Io ho avuto situazioni molto singolari che, guardandole oggi, viene da ridere e anche più. Ho fatto 17 anni consecutivi di stagione ottenendo 5 promozioni, conquistando col Perugia quello che è stato. Vincendo anche un campionato al Genoa, perché io reputo di averlo vinto quel campionato. Mi ritrovo a Udine ad affrontare un preliminare di Champions. Superiamo i preliminari e vinciamo le prime 2 partite di campionato, arrivando a quattro minuti dalla qualificazione del girone contro il Barcellona che poi vinse quella coppa. Dopo un mese sono stato esonerato con 7 punti nel girone di Champions, in semifinale di Coppa Italia e nei sedicesimi di Coppa Uefa. Ovviamente in campionato la posizione non era ottima, ma questo capita alle società che si trovano ad affrontare situazioni più grandi di loro.

Ho ricominciato a marzo dell’anno dopo a Brescia in B ai limiti dei play out. Accetto poi varie situazioni sempre molto pericolose con squadre praticamente ultime in classifica come Livorno, Lecce ed altre. Vado a Trapani e succede quello che succede. Sono in scadenza di contratto dopo un campionato con 73 punti, di cui 46 nel girone di ritorno. Dopo quel campionato non ho nessuna offerta nemmeno in B. Allora io devo pensare che sicuramente ho fatto errori ma, molto probabilmente, il modo di fare calcio è cambiato. Ma io non mi arrendo”.

Dal campo subito alla panchina: l’opinione di Cosmi

“Oggi in Italia non si fa nemmeno il corso in certi casi, si va direttamente ad allenare. Alcuni allenano in deroga. Il mio discorso potrebbe essere considerato di contrapposizione e anche patetico, considerando la mia età. Io tutto mi sento meno che patetico, con tutto il rispetto per gli allenatori giovani che iniziano adesso. Anzi, certe volte sono più patetici loro perché accettano situazioni tanto per accettarle. Nessuno dice realmente come stanno le cose. Ricordo un momento in cui Roberto Mancini iniziò ad allenare ma ancora non poteva per regolamento. Gli unici due a dire che non era giusto, all’epoca, siamo stati io e Mazzone. Però io ho un buon rapporto con Mancini, che ho avuto l’opportunità di conoscerlo. Quindi il mio discorso non riguarda le persone, ma la maniera che c’è di eludere un sistema. Oggi tutti dicono che Pirlo è nato allenatore di calcio. Lui è stato un immenso campione, ma io voglio sapere quali sono i presupposti usati per definirsi capaci in un mestiere mai fatto”.

La figura di Mazzone

“Credo che tutti quelli che hanno fatto, fanno e faranno questo mestiere, devono averlo come riferimento. Perché anche su di lui sono state dette tante cose sotto l’aspetto tattico, quando Mazzone non era assolutamente un allenatore difensivo. Mazzone ha tracciato una linea importante nel nostro mestiere e io lo prenderò sempre come esempio”.

Il 3-5-2 di Conte

“Conte ha cambiato nel tempo il suo sistema di gioco. Il 3-5-2 non lo avevo inventato io, come non lo sta inventando Conte e non lo inventerà nessuno. Il problema reale riguarda gli interpreti di un certo modulo di gioco. Quello che facevo a Perugia mi ha dato risultato ma poi, l’ultimo anno che i risultati non arrivavano, ho cambiato passando al 4-4-2”.

Il più grande rimpianto da mister?

“Ho sognato di allenare la Roma. In quel momento la vedevo come meta preferita, per tutto quello che rappresentava in Serie A. Sono stato vicino, anzi per una notte sono andato al letto convinto di essere l’allenatore della Roma ma poi la mattina non fu più così. E’ stato un sogno accarezzato. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di partire dagli amici del Bar facendo tutte le categoria dalla Prima alla Serie A, tutte le coppe in Italia e in Europa. Di più sarebbe impossibile pensare”.

Su Pep Guardiola

“E’ un grande in assoluto. Ho avuto la fortuna di incontrarlo prima che diventasse Guardiola allenatore. Io allenavo il Brescia e lui capitava spesso perché era molto amico di Corioni. Venne a vedere Brescia-Mantova. Poi a fine partita andammo in pizzeria e venne anche lui. Ovviamente non puoi non rimanere colpito da quello che è come persona. Parlavamo di calcio e mi sembrava assurdo che un campione come lui si comportasse con quella naturalezza. Lui era un predestinato perché già allenava il Barcellona B e chi nasce da quel settore giovanile non lavora per sistemi di gioco ma per principi di gioco”.