Li chiamavano giorni di vacanze, oggi sono diventati giorni di prigionia.
Tanti continuano a dire, “ma che sarà mai ?”

Dopotutto sono concesse anche diverse ore d’aria. Ed in alcuni orari è addirittura possibile tenere le porte delle celle delle proprie dimore aperte per consentire transiti e spostamenti autocertificati fino ad un massimo di due persone.

Dicono di non comprendere proprio di cosa ci si possa lamentare.

Dopotutto quale migliore occasione per poter vivere un “Natale più autentico”?

Anche perché, evidentemente, fino ad ora, i benpensanti ed i devoti alla tirannia pandemica avevano vissuto la Nascita di Nostro Signore in maniera meno veritiera, forse troppo gaudente, probabilmente eccessiva.

Ecco quindi, servita una buona dose di contrizioni e di restrizioni. Un Natale in cui espiare le nostre colpe, non avendo evidentemente fatto nulla per evitare che si abbattesse su di noi la maledizione divina del covid.

Un tempo si era disposti a perdere la vita pur di difendere la libertà.

Oggi invece, si impone la rinuncia alla libertà, perché qualcuno potrebbe rischiare la vita.

Forse si dimentica che le forze che combattono la criminalità hanno scelto di rischiare la loro vita ogni giorno per l’affermazione dei nostri diritti fondamentali.

Anche perché basterebbe soffermarsi soltanto per un attimo a riflettere se possa chiamarsi ancora “uomo” colui che venisse privato ingiustamente della libertà, del lavoro, degli affetti e quindi della propria dignità e della propria umanità.

Ma tale sacrificio sarebbe necessario per salvare la vita a quell’uomo indegno e disumano, direbbero i fanatici dei DPCM e delle loro disposizioni da scuola per l’infanzia (in fila per due col resto di uno).

Questo è il punto!

Pensate davvero che la prigionia di un popolo sia l’unico rimedio per combattere una pandemia, come del resto pensate che calarsi le brache dinanzi ai criminali, recludendoci al loro posto, sia un altrettanto valido rimedio?

O, viceversa, pensate che il richiamo al senso della responsabilità, con prescrizioni certe, in grado di tutelare l’individuo, ma al contempo di consentirgli di continuare a vivere e lavorare liberamente, costituiscano un rimedio sufficientemente valido?

Magari con una sanità previdente ed efficiente, opportunamente approvvigionata di strutture e competenze, si sarebbero potuti evitare alcuni eccessi del legislatore monocratico?

Si è preferito invece attendere, vivere alla giornata, pianificando poco e nulla. Non offrendo alcuna prospettiva, se non quella dettata dalle maree e dal moto ondoso, foriera esclusivamente di limitazioni e privazioni.

Un popolo dopotutto si abitua piano piano alle privazioni, e quasi non se ne accorge. Da tempo infatti, chissà per quale ragione ci è preclusa la possibilità di circolare liberamente dopo le 22.00. Evidentemente una preclusione modesta, ma ormai abbondantemente digerita.

Comprendo la violenza del virus, ma nessun Paese al mondo ha privato i cittadini della libertà di circolazione, a meno che non si fosse trattato di dittature.

Di dittature, appunto. Quella forma di governo che ruba i giorni della vita alle persone reprimendole con il pretesto di renderle più sicure, più sane…

Come ho già avuto modo di precisare, non mi preoccupano gli attuali governanti che conservano il terrore generato dalla pandemia come una reliquia soltanto perché consente loro di resistere sullo scranno.

Mi preoccupa invece, la strada che costoro hanno aperto a chi con pari cinismo e spregiudicatezza, ma con intenti più sbrigativi e risoluti intendesse in futuro sistematizzare a proprio vantaggio una gestione autoritaria.

Colgo, comunque, l’occasione per augurare un Buon Natale di cuore: a tutti gli anziani, defraudati – per il loro bene – dei loro affetti più cari; a tutti i bambini, privati del calore di un Natale come Cristo comanda; ai ragazzi più grandi che smaniano tra le mura domestiche; ai fidanzati, già separati d’imperio, prima ancora di convolare a nozze; a tutti coloro che soffrono, da soli, in un Paese che per loro ha previsto soltanto le note del silenzio.

Buon Natale anche a coloro che ci governano, perché, dopotutto, veramente “non sanno quello che fanno”.

Infine, Buon Natale a tutti Voi, amici miei cari, a cui purtroppo non posso lasciare o ricevere un segno tangibile d’affetto come vorrei, ma nel leggervi, nel massimo rispetto delle vostre opinioni, vi sento sempre in me, molto più profondamente di quanto Voi tutti possiate pensare.

Enrico Michetti