I club non ce la fanno più. Basta una semplice frase per rappresentare il momento che sta attraversando nello specifico il calcio italiano ma, forse, tutto il movimento europeo. Un grido d’allarme non nuovo che, già da diverso tempo, sta imperversando nelle stanze dei bottoni delle società.

L’ultima spiaggia, a questo punto, potrebbe riguardare una sostanziale decurtazione delle retribuzioni dedicate ai calciatori ed ai vari staff tecnici. A mancare adesso è soprattutto la liquidità in cassa.

Il nostro Direttore Ilario Di Giovambattista ha spiegato la situazione dopo un confronto con un dirigente apicale di uno dei più noti sodalizi della Serie A

 “Ieri ho parlato con un dirigente molto importante di una società tra le prime quattro o cinque d’Italia. Questo dirigente, di cui non posso fare il nome, mi diceva che: ‘Siamo veramente in una situazione drammatica. Dal punto di vista economico siamo immersi in grossi problemi. Anche per quest’anno ormai ci stiamo rendendo conto, incontrandoci in riunioni via skype, che dovremo fare a meno di tutti gli incassi al botteghino e degli incassi agli abbonamenti. Dovremo ridurre tante iniziative che si fanno intorno allo stadio con milioni di euro in meno di contante importante per andare avanti’.

Allora io ho detto: come si fa? Lui mi ha svelato un progetto sul quale stanno lavorando e che vi riferisco. Ovviamente però mi diceva che questo progetto non può essere soltanto italiano, perché altrimenti ci sarebbe una trasmigrazione dei campioni in altre società europee. Il calcio deve assolutamente chiedere una decurtazione del 35% degli stipendi del settore tecnico. Un 10%, di questo 35, verrebbe riversato per le leghe inferiori che stanno morendo. Dal calcio dilettantistico alla Serie C fino alla B”.

Ecco le reazioni in diretta da parte delle Teste di calcio

Alessandro Vocalelli

Il calcio è in crisi a tutti i livelli. Nella crisi dei grandi club professionistici il Covid è stato un acceleratore, non la causa. Erano già in crisi e in deficit molti di questi club già prima. Le plusvalenze, di cui tante volte abbiamo parlato, sono servite per tanti anni per salvare un bilancio facendoli pesare nei 4 anni successivi. Se la soluzione è tagliare gli stipendi del 30-35%, io penso che sia un primo passo avanti che il calcio deve fare per poi poter chiedere aiuti. Però se tutto il calcio decide di autoregolamentarsi, a livello quantomeno europeo, io la trovo come una cosa buona. Serve un patto non solo nazionale.

Tony Damascelli

Il calcio è un’azienda privata. Quindi l’azienda privata dispone dei soldi che ha e non può imporre un taglio. Poi ogni singolo club può intervenire come meglio preferisce. Voi credete che il Barcellona, il Real Madrid, la Juventus, l’Inter, il Manchester City e il Psg si mettano d’accordo? E credete che il calciatori di queste squadre si mettono d’accordo? Parlate con Neymar e con Cristiano Ronaldo. Non dico che non abbiamo ragione, ma la realtà oggettiva è un po’ differente dai nostri desideri e da quelli che dovrebbero essere i valori etici e sociali.

Luigi Ferrajolo

Credo che ora bisogna prendere atto di una situazione nuova. Solo in parte è colpa del Covid. E’ come se il calcio fosse uno over 70 che aveva già delle patologie, arriva la botta del Covid e finisce in terapia intensiva. Questo presuppone un accordo tra i club. Perché se il Psg se ne frega e poi dà asilo politico a quei campioni a cui viene ridotto lo stipendio, è chiaro che questo gioco non va. Ci vuole un accordo tra persone ragionevoli. Per cui rimarranno differenze economiche di risorse tra Real Madrid e Sassuolo, Atalanta o Roma, però ci saranno anche dei tetti come il ‘Salary Cup’. La situazione attuale non è più sostenibile.

Massimo Caputi

Io penso che ci siano due aspetti. Chiaramente c’è quello europeo generale che ha confermato che questa pandemia ha messo in ginocchio tutti. Mi sembra che i due esempi lampanti siano il Real Madrid e il Barcellona che, più di altri club prestigiosi, hanno subito la pandemia. Poi c’è l’aspetto italiano. Sappiamo tutti che il nostro campionato era già sofferente prima. Però credo che questa volta ci sia una difficoltà oggettiva europea a mantenere il livello di questo calcio. Si può sperare che ci sia un accordo europeo e che tutti i grandi campionati possano avere le stesse misure. Qui si tratta di salvare un’industria. Quindi se l’Italia non ce la fa, deve trovare delle misure. Anche a costo di pagare lo scotto di qualche anno con un ridimensionamento, che poi è un discorso molto relativo se pensiamo alla nostra Nazionale.

melli

Franco Melli

Penso che il progetto del ridimensionamento sia una disperata utopia di chi sta affogando che, nei fatti, non sia realizzabile. Pensate che l’anno scorso il calcio italiano, nel suo insieme, ha perso più di 700 milioni. Oltre alla vita e agli ingaggi da nababbi di circa il 20% dei calciatori. Ho letto che, in generale, il 50% dei calciatori non guadagna più di 50mila euro all’anno. Il problema è che gli introiti non ci sono più. Adesso vedrete che anche con i diritti televisivi ci sarà da lottare con delle cause in ballo. Non c’è Merchandising, non ci sono sponsor, non ci sono incassi al botteghino che consentivano le pazzie delle società. In tutto questo il Covid è stata la mazzata definitiva.