Camminare con in tasca il referto del tampone da covid sembra ormai diventato un “must-have” nella società dominata dalle esigenze sanitarie. E se si è in attesa di una risposta, positiva o negativa, la tua esistenza resta temporaneamente sospesa nel limbo, nell’incertezza sul passato (Dove avrò sbagliato? Chi avrò infettato?) e sul futuro (Come sarà la mia quarantena?).

Negli schemi di prevenzione del contagio gioca quindi un ruolo fondamentale la velocità di risposta al test antivirus. Se a rallentare è un pezzo della catena tutto il sistema procederà più lentamente con il rischio di incepparsi. E’ il caso della scuola e del sistema sperimentato per garantire l’istruzione agli studenti italiani in piena sicurezza.

Molte norme da rispettare e tanti tamponi da effettuare. Ma cosa succede se i risultati di quest’ultimi si fanno attendere più del dovuto, interrompendo quindi l’iter predisposto tra studio e virus? Un’esperienza del genere è toccata alla giornalista Tiziana Ciavardini, che in qualità di mamma ha accompagnato il proprio figlio al centro drive-in dell’Asl di riferimento. Non tutto però è andato per il verso giusto: Stefano Molinari e Luigia Luciani hanno ospitato il suo racconto.

Ecco l’intervento di Tiziana Ciavardini a “Lavori in corso”.

Odissea per il tampone

“Alle 6.10 del mattino avevo 100 macchine davanti. Ed erano tutte in fila. Qualcuno dormiva in macchina. Il problema è che aprono alle 9.00. Io sapevo che aprivano alle 9.00 e infatti sono andata alle 6.30 perché ho pensato: chi ci sarà? E invece c’era già questa fila.

Anche io mi sono chiesta come altri in questi giorni, perché non aprire prima? Perché aprire alle 9.00? Perché non fare un h24? Perché non fare dei turni ed evitare queste code lunghissime? Io sono stata dalle 6.00 di questa mattina fino alle 13:37. Loro hanno già mandato un messaggio nel mio telefonino con una password dicendo di collegarmi dopo qualche giorno”.

“Mio figlio stanco e con la febbre”

“Nella scuola dove va mio figlio c’erano altre classi che hanno avuto dei positivi. E quindi già la scuola aveva fatto fare dei tamponi nasali a mio figlio venerdì. L’ho tenuto a casa martedì, perché era veramente molto stanco e aveva la febbre a 37. Ho chiamato la pediatra che mi ha detto di fare il tampone molecolare. Io ho cercato di farlo tramite privati, ma il discorso è che la scuola richiede quello della Asl”.

Freddo e ritardi

“Ad un certo punto sono arrivati degli addetti della protezione civile a portarci delle bottigliette d’acqua. Poi quando ho visto che erano le 9.00 c’era la prima macchina che doveva fare il tampone ferma, non si muoveva. Rimaneva lì, alle 9.00, 9.15, 9.30. Poi ad un certo punto ho chiesto e mi hanno detto ‘no signora, questa mattina abbiamo avuto dei ritardi perché non abbiamo tutto il materiale’.

Poi alla fine ti senti veramente sollevata perché 7 ore sono state veramente tante. Faceva freddissimo poi questa mattina perché anche la zona dell’Asl 5 si trova in aperta campagna. Quindi comunque era molto umido”.

Una classe sulla coscienza

“Poi tu hai sulla coscienza tutto il resto della classe, non solo tuo figlio. Adesso lui è a casa e quindi finché non arriva il referto io non posso mandarlo a scuola. Ma nel momento in cui dovesse risultare positivo la classe dovrebbe andare in quarantena. Per cui tu ti senti sulla coscienza tutta la classe.

Importante è risolvere questo problema dei tamponi e che i ragazzi ogni volta non debbano farlo in tutto questo tempo. Mio figlio per rientrare a scuola ha bisogno del certificato dell’Asl”.


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