Sono migliaia i cittadini che in questo momento si trovano nelle piazze di tutta Italia. Lo scopo, manifestare il proprio dissenso circa le disposizioni annunciate contenute all’interno dell’ultimo Dpcm.

Il binomio salute-economia continua a farla da padrone anche in questa seconda fase. I contagi aumentano, le misure si fanno più restrittive e l’economia subisce ulteriori colpi.

Bar, locali e ristoranti, con l’imposizione della chiusura alle ore 18, risultano tra le attività più colpite: e se da un lato, rispetto ad altri settori, possono “godere” della possibilità di rimanere aperti tra le 5 e le 18, dall’altro risulta evidente a chiunque che sta proprio nelle ore serali la fascia di maggior guadagno e dunque di maggior sostentamento.

Ma è davvero stare seduti al ristorante che incide maggiormente nella curva dei contagi? Il Direttore Fipe-Confcommercio Roma Luciano Sbraga a questa domanda risponde convintamente di no. Il perché lo ha spiegato in questa intervista di Stefano Molinari e Luigia Luciani.

“Lo dice anche il CTS: non sono i ristoranti ad alimentare la catena del contagio!” ► Sbraga (FIPE)

“Se le imprese sono costrette a chiudere e a non poter fare il lavoro per cui esistono, viene da sé che devono essere ristorate. Devono essere coperti i costi che sostengono. Risorse che devono arrivare in tempi certi e in modo adeguato. Le imprese sono in forte difficoltà, ma l’obiettivo primario non è quello di avere sussidi, è quello di poter lavorare.

Ci sono indicazioni chiare da parte del Comitato Tecnico Scientifico che non sono i ristoranti ad alimentare la catena del contagio, ma l’ambiente familiare, quello sanitario, quello lavorativo, trasporti pubblici, sistema scolastico… I bar e i ristoranti non sono la foglia di fico di problemi che dovevano essere risolti meglio prima.

Queste sono misure inefficaci che non risolvono il problema e per di più sono costose e dannose per noi. È evidente che questa non è la soluzione, non sta a noi indicare qual è la soluzione ma non può passare attraverso di noi.

Noi abbiamo rispettato i protocolli rimettendoci soldi, adesso ci dicono che il protocollo non basta più… I ristoranti non sono un problema ma una risorsa anche dal punto di vista del contenimento del contagio: voglio ricordare che al ristorante, in questo momento in cui non ci sono neanche i pranzi d’affari e così via, le persone che si siedono allo stesso tavolo sono persone che si frequentano abitualmente. Pensare che il ristorante sia l’occasione di contagio è assolutamente infondato. Lo ha detto anche il CTS che ha sottolineato che la chiusura dei ristoranti avrebbe anche potuto avere effetti negativi perché avrebbe potuto spingere le persone a stare in casa, a fare le tavolate in casa dove non c’è distanziamento, non c’è gel igienizzante, non ci sono misure di sanificazione e così via”.