All’opposto esatto della ormesi e della mitridatizzazione dell’economia, starebbe la celebre poesia “Albatros”, tratta da “I fiori del male”, di Charles Baudelaire:

Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell’arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Le ali di gigante gli impediscono di camminare
“.

In un mondo nel quale gli economisti si affannano solo a discutere di moneta fiscale, o complementare, o di tipo di banca centrale, o di banche globali, non esiste lo spazio della discussione per chi abbia ali di gigante.
Nessuno spazio esiste per il pensiero puro, quello inerente la ricchezza vera dell’uomo che certamente non è quella materiale, ma che senza un salario di sussistenza garantito a tutti non può nemmeno essere discussa.

Scriveva Pio XI nell’enciclica Quadragesimo Annus nel 1931: “Alla libertà economica del mercato – e tenete conto che un paio d’anni prima c’era stata la crisi di Wall Street – è sottentrata l’egemonia economica. Alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio, e tutta l’economia è così diventata orribilmente dura, inesorabile, crudele“.

Nell’Economia Umanistica non c’è spazio per chi non voglia discutere il vero fine dell’economia, che è quello di garantire a tutti gli esseri umani un lavoro onestamente retribuito. Non un reddito di cittadinanza.

Si distrugga il falso mito del vivere di capitale e di speculazione, cioè alle spalle del lavoro altrui. Si combatta il modello capitalistico che vede la disoccupazione come risorsa scarsa necessaria alla salvaguardia di se stesso.
Quel sistema non va riformato, va raso a zero. Senza compromesso.
Non esiste lo spazio per le ali del gigante dove non esistono i cuori, ma solo i numeri dei conti correnti.

O si continua a pensare che l’economia è fatta di questi ultimi, o si comincia a pensare che l’economia è fatta di idee, fatta per gli uomini.

MalvezziQuotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi


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