Mentre un antico arenile di Ostia – un vecchio stabilimento – viene restituito alla cittadinanza, ci si domanda quante spiagge pubbliche italiane ormai restino. Molto molto poche.
Già, solo il 29% delle spiagge italiane è in condizioni intatte e in più quasi tutte le spiagge, comprese quelle di scogli, sono per circa il 50% occupate ormai da stabilimenti.

Ora non che a me dia fastidio, ma che almeno le concessioni balneari vengano fatte pagare quello che poi rendono. Ci sono dei casi in cui il semplice subaffitto, per una concessione di alcune decine di migliaia di euro l’anno, 20-25 mila, può arrivare a 1-2 o anche 3 milioni se quella spiaggia rende molto. Perché infatti la resa di queste spiagge è elevatissima, non sono nemmeno contrario a quella, ma almeno si faccia pagare una concessione degna di questo nome.

In realtà il nostro Stato, attraverso le regioni spesso, non ricava granché dalle concessioni dei beni pubblici, comprese le acque minerali, che pure dovrebbero pagare forse concessioni diverse. Compresi i beni minerali del sottosuolo, comprese i permessi di prospezione petrolifera. Tutto quello che riguarda i beni inalienabili della nazione.

Vorrei dire anche la fauna selvatica, patrimonio indisponibile della nazione, che pure viene cacciata. Tutto questo per dire che oltretutto siamo contro le direttive europee. In particolare quella Bolkestein, che dice che le concessioni devono durare soltanto una cifra limitata di anni e debbono essere ridiscusse. Insomma, c’è qualcosa che deve profondamente cambiare. Se non cambia ci si insinuano i processi di degrado della costa attraverso la sua cementificazione.

Quello che sta succedendo alla Regione Sardegna che, con un colpo di mano, vuole rendere addirittura retroattiva l’elusione della legge che non permetteva di costruire più sulla costa e nemmeno di costruire all’interno se non avevi una superficie superiore ai 5 ettari. Cioè qualcosa che comprometterà per sempre paesaggio e coste.

Questo tipo di aggressioni ci sono sempre. Le abbiamo normalizzate con le concessioni balneari perché, di fatto, poi l’arenile viene occupato con impianti stabili che qualche volta non vengono nemmeno levati d’inverno. Poi si concede di farne terreno di costruzione. Quando capiremo che i nostri 8000 km di costa sarebbero il nostro gioiello di famiglia e non andrebbero né venduti né resi ai privati per troppo tempo ma, invece, messi a valore per i servizi pubblici magari liberando una gran parte delle spiagge.

GeoMario,  cose di questo mondo – Con Mario Tozzi

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