Il coraggio di una iena: Filippo Roma può ormai essere considerato un veterano del format targato Italia Uno. Sono tante le inchieste con cui ha tenuto milioni di italiani incollati alla TV e altrettanti, purtroppo, i rischi che spesso si è trovato a fronteggiare per andare fino in fondo con i suoi servizi. Tra i lavori che più lo hanno scosso, ci ha raccontato, c’è certamente l’esperienza vissuta in Sicilia a caccia dell’erede di Totò Riina. Ma com’è riuscito a fuggire da quel pericoloso inseguimento?

Iena, appassionato di calcio, con un’occhio sempre attento sul mondo e con una passione viscerale per il suo mestiere: Filippo Roma è stato ospite di ‘Food Sport’ con Francesco Di Giovambattista, Enrico Camelio e Ilario Di Giovambattista, ecco cosa ha detto.

La vita da Iena di Filippo Roma

La giovinezza a braccetto con il calcio

Io da giocatore ero un misero numero 5, uno stopper siccome ero alto, mi mettevano sempre per marcare il centravanti avversario. Non mi hanno mai compreso. Siccome ero alto tutti mi dicevano di giocare dietro  ma in realtà ero un tecnico”.

Una passione si è trasformata in un lavoro

Al mestiere dell’inviato d’assalto ci sono arrivato se vogliamo in tarda età, a 34 anni. Questo è stato frutto di una passione giovanile perché quando ho capito che col calcio non avrei combinato nulla mi sono buttato sulle prime telecamere di inizio anni ’80. Da adolescente giravo per Roma con la telecamera in mano. Poi questa passione giovanile l’ho lasciata da parte. Una persona, quando appunto avevo 34 anni, ha riscoperto tutti i miei filmati dell’epoca e mi disse: ‘Perché non facciamo insieme qualche filmatino giusto per divertirci?’. Li abbiamo fatti e uno di questi è finito fortunatamente sul tavolo di Davide Parenti che è il capo autore de ‘Le Iene’. Gli piacque questo filmato amatoriale e mi propose di entrare a ‘Le Iene’.

Io all’epoca facevo l’impiegato. In un secondo dissi: ‘Sì, vengo subito’. Sono quei treni che passano una volta e mai più. Purtroppo non vado più spesso allo stadio a vedere la Roma. Facendo questo mestiere non ho mai certezze di poterci andare. Adesso sto girando quelli che in gergo si chiamano ‘Stand-up’ cioè le scene di collegamento all’interno del servizio perché martedì c’è la puntata e quindi siamo sotto consegna, in fase di montaggio. E’ un argomento che potrebbe interessare perché parla di sport”.

Disastro Ama e le condizioni della città di Roma

“Partiamo dal presupposto che per me governare Roma è come governare uno Stato con le stesse difficoltà e gli stessi problemi. A Roma è successo che, ad un certo punto, sono mancati i soldi. C’è stata la voragine del debito pubblico che ha portato ad un progressivo sfascio della città, che però è cominciato da lontano dalle precedenti amministrazioni. C’ha messo molto del suo Marino secondo me ed è arrivata la Raggi che non è politica di professione, che non aveva nessuna esperienza e si è trovata ad annaspare in un mare tempestoso che è sempre più tempestoso. Questo autunno ho fatto un’inchiesta sull’Ama ed è uscito fuori un mondo.

Praticamente l’Ama non ha più fidi bancari, non ha più mezzi, non ha più risorse e in più si affida in certi casi come quello della Multiservizi della raccolta differenziata dei locali e dei ristoranti a una ditta che, a quanto ci risulta, truffava Ama stessa. Questo accade perché non c’è chi controlla. Secondo me il vero motivo è di aver affidato per molto tempo la città a chi non faceva il politico di mestiere. Io sono d’accordo con le privatizzazioni, però privatizzare significa anche perdere il controllo diretto dell’azienda.

Sileri? Continuo a non capire perché continui a dire che la moglie fa la segretaria, quando invece sappiamo per certo che fa attività di promotrice e di fatto vendita dei prodotti di questa azienda percependo anche premi di produzione. Ho avuto molto a che fare anche con Virginia Raggi. Io sono un cronista e non giudico mai i politici. Racconto quello che fanno e chiedo conto di quello che fanno. Lanciarmi in un giudizio su Virginia Raggi potrebbe essere pericoloso anche per me, perché da anni ho gruppi di hater pentastellati che mi riempiono di insulti e minacce su Facebook”.

In Sicilia il servizio più pericoloso

“Provai veramente tanta paura due anni fa quando mi spinsi in un servizio alla ricerca dell’erede di Totò Riina, si chiamava il ‘Toto boss’. Un servizio anche un po’ satirico in realtà. Una specie di campagna elettorale, scherzosa e satirica, del tipo: ‘Lei come pensa di gestire il traffico della droga piuttosto che il racket?’. Però andavo veramente da questi boss, beccandoli a casa a sorpresa. La reazione di uno di loro non fu delle più carine.

Quando un boss si ‘incazza’, ti guarda negli occhi e ti alza le mani addosso vi assicuro che fa veramente paura. Quella volta a Palermo mi sono veramente messo paura. Considerate che le iene lavorano a piccoli gruppi formati dalla iena, dall’autore e dal film-maker che fa le riprese. Il servizio poi va proposto al capo autore il quale nel momento in cui approva consente di fare il servizio. In media ci vogliono cinque o sei giorni per realizzare un servizio. Quella de ‘Le Iene’ è un’esperienza così forte che ti segna per sempre”.

Il terribile calderone della politica

“In quindici anni di attività ‘ienesca’ mi sono un’idea abbastanza negativa dei nostri politici. Ma non perché siano dei corrotti per forza. Mi sono reso conto che la parte migliore del paese, cioè l’eccellenza e le teste migliori probabilmente non stanno in mezzo alla politica. La politica è un porto di mare dove arriva gente da tutte le esperienze, magari c’è gente che parte con buoni intenti e ideali, ma diventa un frullatore che rovina tutti.

L’aspetto prevalente è l’interesse di partito, la vanità e l’interesse comune della collettività passa totalmente in secondo piano. Il tutto condito dalla comunicazione. I nostri politici non sono altro che persone che hanno come scopo principale il loro interesse personale che coltivano attraverso la comunicazione in TV e soprattutto ormai sui social. Le teste migliori stanno in altri settori”.

Il vuoto immenso lasciato da Nadia Toffa

 “Nadia Toffa è un buco perché noi siamo, fondamentalmente, un gruppo di persone che si vogliono bene. Nadia era una sorella quindi è un buco enorme che ci portiamo dietro e ci ha cambiato. Questa prima stagione senza di lei è stata una stagione triste. Aleggia nello studio il suo spirito, il suo ricordo ma fisicamente ci manca tanto”.

Il peso di un mestiere così difficile

“Le persone che poi uno va a intervistare, anche i peggiori malfattori, sono comunque degli esseri umani che hanno delle storie personali. A volte i servizi de ‘Le Iene’ entrano a gamba tesa nelle vite delle persone. Per esempio a causa di un servizio quel funzionario pubblico che si è comportato male viene licenziato. Due o tre volte è successo di essermi dispiaciuto perché magari sono stato contattato da qualche familiare della persona in questione che mi ha fatto pesare questa cosa, anche laddove avevamo ragione noi“.


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