Un tempo ebbi a definire le sardine come la generazione dal cogito interrotto. Mi ero sbagliato: si trattava di un cogito mai principiato.
Le sardine rappresentano oggi il settore più reazionario e retrogrado di questo paese, la parte che ha assimilato totalmente il neoliberismo e l’europeisticamente corretto.

Sostengono l’Unione Europea fregandosene del piano sociale e politico e delle conseguenze economiche delle classi lavoratrici ma anche delle quote di democrazia che l’UE è venuta rimuovendo, favorendo al contrario il potere della BCE e il massacro di classe gestito contro i ceti medi.

Le sardine inoltre rivendicano appieno la spoliticizzazione dell’economia: “Soltanto i tecnici e i competenti dovrebbero occuparsi di politica” ha detto il leader del movimento. Una visione moralistica e priva di aderenza al conflitto reale, come direbbe Marx.

La questione marxiana è stata rimpiazzata nelle sardine dalla questione morale, in cui si realizza l’affossamento della sinistra che ha lottato contro il fascismo e della nostra Costituzione, che è antifascista e antiliberista.

Le sardine non hanno alcuna consapevolezza di tutto questo e chiamano ‘sinistra’ semplicemente la lotta contro il fascismo che non c’è più mentre avallano il manganello invisibile dell’economia di mercato.

Proprio in questi giorni UniCredit ha annunciato che taglierà 8000 dipendenti e 500 filiali entro il 2023: le sardine su questo tacciono, sono “mute come pesci” verrebbe da dire, sono pienamente al servigio della classe dominante, l’emblema di un dissenso conservativo, di una critica allineata.

Come se tutto questo non bastasse i cinici commissari europei hanno intonato il canto ‘Bella Ciao’. Peccato che gli invasori siano loro stessi.
Viene ancora una volta spontaneo cantare al cospetto degli invasori e delle sardine acefale: “Partigiano, portali via“.

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