10) Luis Enrique:
Potrebbe sembrare una scelta scontata, in una settimana come questa. Invece non lo è affatto, perché il voto è motivato dalla straordinaria dignità del saluto a sua figlia e del ringraziamento a tutti quelli che hanno provato a curarla. Una straordinaria prova di umanità di fronte a un dolore, per forza di cose, disumano.
9) Gonzalo Higuain:
Una finta con veronica a seguire, eseguita in un fazzoletto di terreno, con la quale lascia di sasso Koulibaly, per poi vibrare un fendente di collo pieno che potrebbe abbattere la traversa, se la centrasse. Questo il gol, ma è un dettaglio, per quanto fondamentale, all’interno di una prestazione tutta agonismo e qualità. Il voto numerico esprime la stessa cifra che meriterebbe sulla maglia, come investitura. 

8) Lazio – Roma:
Una stracittadina vibrante (anche per quanto riguarda i legni colpiti) come questa non ce la godevamo da un poco, chi più, chi meno. Agonismo elevato ma profuso nell’alveo della correttezza, conclusioni dalla distanza millimetriche, al volo e rasoterra, esibite con naturalezza, intensità (con predominio territoriale biancoceleste nel finale) non intaccata dall’afa di una data inusuale, intempestiva per il derby della Capitale.
7) Domenico Berardi:
La pochezza della Sampdoria è la sciolina per mezzo della quale il suo bagaglio tecnico, di categoria superiore alle maglie vestite in carriera, fa scivolare la repentina tripletta sul terreno del “Mapei Stadium”, contro il suo antico, già inguaiato maestro. Peraltro, nella varietà delle segnature è concentrata buona parte del suo repertorio.

6) Milan:
Non facile, la partita contro il Brescia, così come non si può definire trascendentale la prestazione dei rossoneri a righe strette, vista anche l’organizzazione delle Rondinelle di Eugenio Corini. Però nel secondo tempo dal laboratorio di Mastro Giampaolo cominciano a uscire i pezzi levigati di alcune azioni già orchestrate ad arte, come nel caso del gol del vantaggio, impreziosito dall’assist che Suso recapita da destra a Çalhanoglu.
5) Marco Guida:
Il derby non gli è sfuggito di mano, non è stato questo il problema. Però gli abbiamo letto nelle pupille un atteggiamento ducesco che si è tradotto nella somministrazione di un numero forse eccessivo di cartellini. Lo abbiamo visto dirigere con più piglio, più autorevolezza, meno autoritarismo. 

4) Sampdoria:
Momentaneamente allo sbando, senza girarci intorno; col microscopico vantaggio di una sosta utile a risollevare un minimo la soglia dell’autostima. Dispiace soprattutto per Eusebio Di Francesco, sulla cui dedizione al lavoro e alla cura dei particolari nessuno può sollevare dubbi. Però, come ci eravamo già chiesti in partenza, che mercato è stato fatto nella Genova blucerchiata?
3) Dries Mertens:
Ci risiamo, anche se in una porzione di campo meno esposta ai riflettori: contatto con Khedira, carpiato, piedino malizioso stile pellicola sexy anni ottanta. Se non un vizio, un vizietto.
2) I coniugi Icardi:
Autolesionismo in salsa coniugale. 
1) Gli striscioni di minaccia sotto casa dei coniugi Icardi. Che ognuno scelga di fare del male alla propria carriera o ai propri affari come vuole: è una forma di libertà. Di conseguenza, è lugubre il solo pensiero che a qualcuno venga in mente di insozzare metri di stoffa con minacce nemmeno troppo velate e simboli di matrice inequivocabile.

Paolo Marcacci


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