Il nuovo governo presenta effettivamente dei significativi aspetti di cambiamento.

Tale analisi prescinde chiaramente da quello che sarà il suo corso che tutti ci auguriamo proficuo per il Paese.

Innanzitutto si è abbandonata l’idea fallimentare del contratto e si è addivenuti, per esplicita ammissione degli odierni sposi, ad un governo retto dai medesimi intenti.

Il contratto era un’escamotage effettivamente bizzarra, di natura peraltro privatistica e non pubblicistica (i contratti di solito si stipulano tra privati, o comunque tra i privati e lo Stato per lo più con finalità  di mercato, servizi, opere e forniture), per far convolare a nozze partiti con propensioni, storie ed obiettivi molto diversi.

Forti quindi, della tragica esperienza precedente, le forze di governo hanno intrapreso una strada nuova: la comunione integrale dei propri intenti.

Non entro nel merito dei 26 punti programmatici se non per dire che rappresentano null’altro che una narrazione generica, quasi astratta, di mero spirito compilativo e divulgativo, null’altro che pensierini elementari, vaghi e superficiali, privi di qualsivoglia dettaglio che possa farne comprendere la portata, la sostenibilità, la compatibilità e la credibilità.

Il fatto importante credo sia un altro.

La conversione profonda del M5S ad un albero politico.

Un ancoraggio forte al centro sinistra, alla sinistra ed all’Europa.

Non c’è nulla di male chiaramente.

Ma lo sdoganamento da movimento privo di una connotazione specifica, con la vocazione al governo in solitaria, si è tradotta in una adesione ad un progetto comune di condivisione piena ed integrale.

Qualcuno potrebbe dire ma perché parla di conversione a sinistra e non del contrario, ossia della sinistra convertita al M5S?

La conversione e’ una improvvisa accettazione di ciò che prima non destava interesse o addirittura si riteneva inaccettabile.

Una accettazione conclamata da atti ufficiali.

Il movimento nasceva come no Tav, no vax, no Tap, no Ilva… mieteva consensi sul concetto rigoroso di onestà considerando l’autorizzazione a procedere un totem operativo a cui non opporre mai attriti.

Riteneva Renzi e la Boschi nemici mortali del Paese, quelli del PD li riteneva artefici di Mafia capitale e della devastazione dei poveri risparmiatori da parte di banche spolpate e prestate ad interessi di partito e di famiglia, negava ogni forma di contaminazione e poi, mai e poi mai con tizio, piuttosto che Caio.

E poi l’Europa. Una folgorazione. Forse la più sensibile, inaspettata.

Quel voto a sostegno della cordata franco teutonica per la poltrona di vertice dell’Unione Europea, probabilmente soltanto apparentemente fu un fulmine a ciel sereno.

Dietro vi era evidentemente non tanto il segno premonitore di una futura alleanza, ma una corsa continua a mutare i propri orientamenti.

Un restailing forse reso necessario dalla caduta verticale dei propri consensi?

Certo che indicare prima il PD come il “Partito di Bibiano” e poi affidargli il ministero della famiglia e’ come additare qualcuno come pedofilo e poi affidargli i figli nell’ora della ricreazione.

Cedere il ministero che fu di Toninelli, quello che fu della Grillo e far emigrare il reggente del lavoro e dello sviluppo economico agli Esteri segna in maniera chiara la disfatta operativa di un esecutivo, o comunque un radicale cambio di rotta. 

Nasce così il Conte bis, benedetto dall’Europa e da Trump?! O detto benedetto e non venduto!?

Avevo considerazione per Cavour perché non accettava i diktat della Chiesa, come del resto Garibaldi.

Mattei non si piegò all’arroganza delle sette sorelle, Berlinguer a difesa della democrazia prese le distanze da Mosca, Craxi a Sigonella fece capire che l’Italia era un Paese sovrano.

Tutti chi più e chi meno hanno pagato a caro prezzo il mancato ossequio o la distanza da una pretesa prostrazione.

L’Europa d’altro canto è l’unica grande risorsa che abbiamo da contrapporre allo strapotere della Cina e degli Stati Uniti, ma costruita al servizio della Francia e dell’asse germanico, non va.

Per far carriera basta piegarsi, dire alla Merkel di essere a disposizione, non lagnarsi dinanzi all’assoluta indifferenza che si riserva alle problematiche europee che ricadono nel nostro Paese, ed arrivano messaggi al miele.

Lo spread cala e l’ottimismo cresce.

Se le cose non cambieranno paradossalmente si salverà soltanto il nord che la collocazione geografica pone al centro delle rotte sensibili al tutelato mercato produttivo continentale, ma il centro e soprattutto il sud d’Italia verranno sempre più estromesse dalle aree ad espansione economica, sempre più ghettizzate e desertificate.

Il sud verrà prima addormentato con misure assistenziali, lasciato pasturare nelle mani della criminalità organizzata, privato di ogni opera infrastrutturale, bollato come popolo lassista, scanzafatiche e parassitario, sedotto ed abbandonato dalla decrescita felice, e quindi espunto dal contesto nazionale.

Ritorno alla situazione quo ante.

Ossia a prima dell’Unità d’Italia. Con una sola differenza che al tempo aveva una sua autonomia ed una sua dignità.

Domani sarà terra di servizio, direi una pertinenza devastata  e colposamente dimenticata, in primis dai propri rappresentanti, a cui la nuova Europa guarderà con gli stessi occhi con cui la Compagnia delle Indie guardava la Cina.

Un tempo alcuni ministeri per la notevole complessità tecnica venivano affidati ad uomini che avevano ricoperto incarichi prestigiosi nel medesimo settore, proprio per consentire al governo di guidare la burocrazia e non ai burocrati di sostituirsi al governo.

Oggi l’incarico all’economia, ministero proverbialmente più importante e complesso viene affidato ad un laureato in storia per il solo motivo che si tratta di un eurodeputato, alla terza legislatura, gradito a Bruxelles.

Come a dire non è importante che conosca la macchina e sappia condurla, perché tanto a guidarla ci penserà l’Europa.

Credo fermamente nell’Europa, ma non a quella di Maastrict, e credo soprattutto ad una sua sostanziale riforma, dove non ci siano stati o lobbies a dominarla, ma pari dignità ed opportunità tra i paesi membri.

Senza dubbio piegare le nostre istituzioni alle volontà di Bruxelles renderà i nostri amministratori più simpatici e graditi, ma a lungo andare l’elemosina ricevuta per compensare la sudditanza si rivelerà un vero flagello. C’era chi nel 1997 diceva: fate attenzione che se non verranno riviste le regole del gioco, l’Europa per noi, se andrà bene, sarà un limbo, se andrà male, sarà un disastro.

Enrico Michetti


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