Si parla tanto di riduzione del numero dei parlamentari, addirittura di qualche centinaio.

Mi chiedo, ma perché soltanto qualche centinaio?

Riduciamoli ad un quarto degli attuali?

Oppure visto che tutte le forze politiche in stagioni diverse pur di mietere consensi hanno sempre chiesto la riduzione dei parlamentari, perché non sciogliere definitivamente il Parlamento?

Persino la sinistra di recente riteneva ormai “troppi i rappresentanti del popolo”. Anche se a sinistra francamente assistiamo all’esatto contrario della sua genesi e figuriamoci se anche su questo punto quell’ambito non restasse coerente con la sua proverbiale incoerenza.

I parlamentari attualmente sono quasi mille.

Quindi su quasi 60 milioni di persone, se la matematica non mi inganna, il popolo sovrano (lo dice la Costituzione) ha un proprio rappresentante ogni 60.000 abitanti. 

Un tempo il parlamentare che veniva eletto in un collegio era conosciuto, e soprattutto si faceva conoscere, e se sui grandi temi rappresentava la nazione, sulle problematiche locali rappresentava il territorio, lo girava comune per comune, raccoglieva istanze e cercava di risolvere i problemi.

Ancora oggi si ricordano ospedali, ponti, strade, viadotti, stazioni ferroviarie ed, in generale, si ricorda lo sviluppo o addirittura la rinascita di alcune aree proprio in ragione dell’eccellente lavoro di questo o quel parlamentare, a cui ancor oggi si attribuiscono i buoni uffici per la realizzazione di quelle opere di magistrale importanza.

Il problema quindi, è il numero dei parlamentari o la qualità degli stessi?

Li dobbiamo ridurre perché non riusciamo ad eleggerne di eccellenti?

Oppure perché effettivamente su 60.000 cittadini italiani e’ davvero improbabile rinvenire un degno rappresentante del popolo!?

Meglio allora provare con 100.000 (se dovesse passare la riforma il rapporto sarebbe tale) forse qualcosa di decente si trova!?

Spero che a pochi sia sfuggito che il rappresentate del popolo dovrebbe essere perlomeno conosciuto del cittadino che lo andrà ad eleggere, e magari questa conoscenza, almeno così era quando nacque la democrazia, doveva poter essere addirittura diretta in perfetta linea con il principio della consapevolezza del voto, anche se l’idea di questa banda indistinta transpartitica di squinternati vorrebbe farci votare quasi per corrispondenza, un po’ come accade in maniera folcloristica e forse truffaldina con gli eletti in Parlamento nei collegi esteri.

Oggi al contrario, per ridurre la spesa pubblica, non dovremmo limitare il numero dei parlamentari, ma sceglierne di capaci, onesti, in grado con una buona politica di ridurre gli sprechi, garantire sviluppo, occupazione e progresso civile.

Dicono che la spesa sanitaria sia eccessiva? Che facciamo chiudiamo gli ospedali, licenziamo i medici, assegnamo 10.000 assistiti ai medici della mutua (un po’ come i nuovi collegi elettorali che gli artisti del nulla e della rottamazione vorrebbero sempre più grandi e sempre più anonimi) o diamo maggior qualità e razionalità, attraverso persone all’altezza selezionate in maniera meritocratica, agli acquisti di servizi e forniture sanitarie, alla gestione del personale e delle strutture?

È un problema di uomini non di numeri!

Non vi fate prendere in giro dal nulla.

Non è riducendo la democrazia, ossia il numero dei rappresentati del popolo in parlamento che si risolvono i problemi del Paese.

Sono le parole che Togliatti, De Gasperi, Pertini ribadivano con forza alle lobby, ai latifondisti, ai tangentari, ai comitati d’affari che chiedevano insistentemente la riduzione del numero dei parlamentari “per poter trattare meglio”.

E certo, un conto è cercare di comprarsi mille persone, un conto è avere a che fare con qualche centinaio o con qualche decina.

Effettivamente con un parlamento ridotto a pochi rappresentanti gli affari si potrebbero realizzare con minori ostacoli, come dar torto ai faccendieri.

Ridurre i parlamentari significa tecnicamente, incrementare la distanza tra il popolo ed il potere, e qualora la riduzione fosse drastica, si transiterebbe da una democrazia ad una oligarchia, la miglior forma di governo per l’alta finanza. 

Oppure se si decidesse di rimuovere totalmente il Parlamento, ci troveremmo dinanzi ad un forte Presidenzialismo (dittatura), la manna dal cielo per un despota.

La finanza, soprattutto quella dei bit e dei bond, da sempre auspica in Europa e nel mondo, parlamenti sempre più ridotti e sempre più privi di potere, dinanzi ad esecutivi forti e decisionisti (a cui rivolgere direttamente le proprie istanze), dove il popolo e’ totalmente estromesso da qualsivoglia decisione.

Il rischio inoltre, di collegi sterminati, con rappresentanti che non hanno più alcun rapporto con i rappresentati sarà che il popolo finirà per votare come  propri referenti soltanto coloro che saranno scelti dai gruppi di potere.

Semmai, occorrerebbe tornare indietro, ridurre l’estensione dei collegi, rendere candidabile in un collegio elettorale soltanto chi vive in quel collegio, chi è conosciuto e stimato in quel collegio, addirittura direi che occorrerebbe, attraverso una buona legge elettorale, e non il classico inciucio, che il popolo sia messo nelle condizioni di poter eleggere il proprio miglior rappresentante che continui a vivere il territorio e la sua comunità, piuttosto che l’afflato del grande sponsor a cui mettersi al servizio.

Il problema esiste! 

Potremmo avere mille eccellenze, l’Italia è ancora capace di esprimerle, anche di più a mio giudizio.

Anzi riterrei che non sarebbe un problema di costi incrementare il numero dei rappresentanti del popolo e quindi, rafforzare la democrazia, laddove vi fossero eccellenze da spendere nell’interesse del Paese, tanto per far rizzare i capelli ai rottamatori col binario unico in cui scivolano le idee senza ragionamento. 

I partiti si sono accorti di aver portato tanta immondizia in Parlamento, e pertanto, per ridurre l’immondizia riducono l’Organo che la Costituzione ha previsto per l’esercizio della sovranità popolare.

Faccio una domanda sciocca, ma non sarebbe meglio ripulire il parlamento dall’immondizia e ripristinare il corretto esercizio delle prerogative costituzionali?

Una buona legge elettorale tanto per iniziare sarebbe la prima soluzione, da adottare con una COSTITUENTE STRAORDINARIA eletta dal popolo senza la mediazione dei partiti.

In cui chi si candida alla Costituente lo potrà fare nel proprio collegio senza casacca soltanto con le proprie idee e con il proprio curriculum professionale ed etico.

Chi ha fallito sono i partiti e i movimenti e non la democrazia che vorrebbero ridurre per coprire i loro insuccessi soprattutto disinteressandosi della formazione e della selezione del proprio personale politico.

La soluzione alla carenza di eccellenze, quindi, non è quella di ridurre il  numero dei rappresentanti del popolo, ma di far spazio alla qualità, alla capacità e all’onesta, anche se questo ci costasse un cambio radicale, mandando a casa l’intera classe dirigente politica, che svende i rappresentanti del popolo, che ai problemi risponde, neanche con la demagogia (che potrebbe rappresentare un cosa utile, ancorché oggettivamente irrealizzabile), ma con la leggerezza e la superficialità  di chi non ha neanche la consapevolezza di ciò che distrugge. 

Non so quanti mi capiranno, quanti mi vorranno capire, ma era giusto che lo dicessi.

Coloro che non hanno neanche rispetto per la propria presenza in Parlamento che si ritengono quindi, evidentemente inutili, farebbero bene a togliere di mezzo se stessi, e non il seggio che spetta al popolo sovrano.

Potranno svendere il Parlamento, ma non ancora la testa di un italiano, la sua Patria e le sue Istituzioni.

Enrico Michetti


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