Con un’ora e mezzo di ritardo rispetto all’appuntamento annunciato, sono andate in onda le parole di Baldissoni in risposta a Totti. E già qui sono scattate le prime, forse maligne, considerazioni. Chissà se il monologo di Baldissoni sia stato rinviato per provare e riprovare le battute giuste, tagliando eventuali incertezze o comunque considerazioni non considerate positive.

Al di là delle considerazioni maligne, resta il doppio binario delle due comunicazioni: da una parte la conferenza ampia e distesa di Totti, pronto a rispondere a tutte le domande, dall’altra un’intervista a uso e consumo di un solo interlocutore, con domande diciamo così non certo ficcanti. Ne è mancata, ad esempio, una su Baldini, considerato da Totti e da tutti uno dei motivi più importanti per l’addio del capitano. Baldissoni ne avrebbe potuto anche approfittare per chiarire definitivamente il ruolo del consigliere di Pallotta.

Baldissoni non ha neanche spiegato o detto se fosse vero quanto detto da Totti a proposito delle mancate comunicazioni su Gasperini, Sarri, Mihajlovic, De Zerbi, su tutti gli allenatori entrarci nell’orbita giallorossa. Se la Roma gli ha offerto a febbraio il ruolo di direttore tecnico, perché due mesi dopo non lo ha informato delle sue mosse? Ma al di là della logica, formale, arringa di difesa della Roma,  resta la sensazione che questa intervista segni proprio il confine tra la Roma – come concetto di tanti anni di storia – e la Roma di oggi. L’incapacità di parlare al cuore della gente, affidandosi a freddi comunicati o a interviste senza troppa passione.

Alessandro Vocalelli