Chissà se ora in quel di Torino e in particolare nella zona della Continassa esporranno striscioni con scritto “Core n’grato”. Antonio Conte e l’Inter è l’ultimo accostamento di questo pazzo sport che ora fa sognare i tifosi nerazzurri, ma inevitabilmente spiazza gran parte del suo ex pubblico, quello che lo ha visto vincere lo scudetto del 2002 a spese proprio dei nerazzurri, verso i quali il tecnico salentino si lasciò andare a dichiarazioni irriverenti, per usare un eufemismo. Lo stesso che nella panchina della Juventus non risparmiò frecciatine verso i suoi attuali colori.
La domanda è, constatato ciò, se sia vero che il passato può (e deve) determinare il futuro di un professionista.

“Conte sapeva…”

A rispondere è stato lo stesso Conte nel 2013, quando un titolo della Gazzetta dello Sport spiazzò lo stesso tecnico. “Conte choc: andrei all’Inter” titolava la Rosea. Lui non apprezzò, ma effettivamente quel condizionale era corretto.
Era infatti del giorno prima la dichiarazione secondo cui lui sarebbe andato in qualsiasi squadra di cui sarebbe stato il primo tifoso.
Sono un professionista“, aveva detto, e per questo a Conte non si può negare una certa dose di coerenza.
L’appartenenza e il professionismo, l’etica e l’estetica sono però in conflitto continuo, nel calcio più che in qualsiasi altra disciplina.

Sono tutti “cori n’grati”?

Ecco perché, andando a spolverare gli almanacchi, tra Juventus e Inter c’è stata una gran mole di scambi e storie messe in comune dal destino. Da Trapattoni a Lippi, da Gasperini a Ranieri, passando per Baggio e Vieri.
Questo ovviamente non coinvolge solo il derby d’Italia, ma tutto il mondo del professionismo. Non saremmo passati altrimenti dal dito medio verso i tifosi della Juve alla forte candidatura – ora più concreta che mai – di Maurizio Sarri a indossare il bianconero (tuta o smoking che sia). Non parleremmo altresì di un interessamento della Roma per Siniša Mihajlović, cuore laziale; non avremmo visto i cinque anni di storia bianconera scritta da Massimiliano Allegri, contrastatissimo al suo arrivo a Vinovo non tanto per mancanza di capacità, ma perché ritenuto un avversario inconciliabile con quei colori.

Il passato influisce ma non determina

Una questione d’identità per i tifosi, di lavoro per gli allenatori.
I tifosi del Napoli sanno che li rispetto“, ha detto lo stesso Sarri subito dopo la finale di Europa League vinta dal suo Chelsea: oggetto della discussione un suo approdo alla Juve, che seppur non si verificasse, ha comunque rischiato d’essere.
Portare rispetto e passare ai rivali si può, perché la casacca che si indossa è soprattutto un segno dell’attuale appartenenza professionale, mentre quella del cuore è eterna, non ha vincoli né si smacchia col solvente della vittoria.

Tra nemici può esserci rispetto?

Non una mancanza verso gli altri tifosi, dunque, o gli stessi ricorderebbero a malincuore uno come Trapattoni, vincente sia in bianconero che in nerazzurro, a scardinare anche l’ipotesi che trionfando con un altro club l’amore possa finire.
Tutto è lecito in guerra e in amore, questo è risaputo e anche se l’infatuazione – professionale – appena nata tra Antonio Conte e la società di Corso Vittorio Emanuele sta facendo irritare e continuerà a far discutere in curva Scirea, negli anni a venire scopriremo se quello tra Conte e la Juventus possa ancora essere ricordato come un lungo innamoramento.
Se così non sarà, che non si nomini l’orgoglio: come si diceva in antichità, “In guerra o in pace, tra nemici non manchi il rispetto“.

Alessio De Paolis

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