Chi di Selfie ferisce, di Selfie perisce.

Nella visione dantesca il contrappasso è quel principio che regola il rapporto tra peccato commesso e pena subita nel “sistema giudiziario infernale”. Si tratta quindi della corrispondenza della pena alla colpa, il responsabile viene punito con un castigo che assume la forma del peccato.

Oggi, anno Domini 2019, anche Salvini sembra essere finito in un girone infernale dantesco. Proprio lui che ha fatto dei social network la sua arma vincente, ora subisce gli attacchi degli oppositori a colpi di smartphone. 

Il leader della Lega è il politico con più “seguaci” su Facebook in tutta Europa. I suoi post sono la macchina da guerra con cui ha costruito la propria celebrità. Non lo ricorderemo per i suoi comizi sui diritti del lavoro, per i suoi dibattiti sulla macroeconomia o per le sue lezioni di sociologia. I posteri avranno sui libri di scuola i suoi tweet contro gli immigrati, le sue foto in divisa e i suoi post inneggianti alla chiusura dei campi rom. Insomma, i social network sono diventati lo strumento perfetto per la propaganda che i suoi detrattori definiscono come populista.
Una frase e piovono i like.

I denigratori che però tanto hanno accusato i suoi metodi e la sua dialettica, la superficialità della sua politica, la pochezza dei suoi slogan, ora hanno scelto la stessa moneta per contestare il nemico. Ecco allora che i giovani “ribelli”, mascherati da fan e armati di filtri Instagram, conducono la loro lotta avvicinandosi alla preda sorridenti e chiedendo una foto. Per aggiungere un elemento in più alla bacheca (digitale) di quadretti con i VIP da mostrare ai nipoti? No, per attaccare con frasi a effetto l’incredulo Salvini… “Dove sono finiti i 49 milioni?”, “Non eravamo tutti terroni?”.

L’effetto vendetta che si crea è un diletto per gli oppositori, il piacere generato dal punire con la sua stessa arma il Ministro viene esaltato a grande sommossa popolare.

Ma è davvero così? È questo il movimento di protesta di cui abbiamo bisogno?

Coloro che flagellano il populismo hanno deciso di far proprio lo stesso populismo come forma di opposizione. Una frase a effetto, uno slogan, e niente più. Una foto o un video da migliaia di like da esibire come trofeo di guerra.
Invece di provare a contrastare la pochezza politica di una delle classi dirigenti meno preparate della storia repubblicana italiana attraverso manifestazioni che mettano al centro argomentazioni e temi, si è scelta la via della “protesta populista”.

Questo è quanto emerge dall’attuale periodo storico, dei governatori impreparati che si scontrano con una generazione impreparata, incapace di dar vita ad una protesta intellettualmente importante, che colpisca il nemico sul campo delle idee e della ragione, che scavi alla base di un paese in declino. Sono lontani i tempi delle battaglie sociali ed economiche della Prima Repubblica in cui, con tutti i loro difetti, governanti e governati si scontravano furiosamente sul campo dei diritti sociali, del lavoro e dell’economia. Sono lontani i tempi in cui l’Italia cresceva e si affermava come una delle più grandi potenze mondiali.

Forse è un altro tipo di protesta quella di cui avremmo bisogno. 
Ma non ora… sta iniziando la nuova puntata di Game of Thrones.