Quando hai 16 anni – e a meno che il tuo nome inizi con la lettera G e finisca con Thunberg – le tue priorità sono principalmente di natura goliardica. Nella lista delle cose da fare almeno una volta nella vita, da qualunque parte d’Italia tu venga, una voce che indichi il Concertone del Primo Maggio a Roma c’è sempre.
Roba da comunisti? Cosa da zecche? Che sia per curiosità, per amore della musica, per l’effetto Woodstock de noartri o semplicemente per avere più elementi con cui criticarlo, non esiste giovane o ex-giovane che non abbia progettato di andarci almeno una volta.
Questa edizione 2019 ha inconsapevolmente segnato un passaggio molto importante: la 10 Years Challenge di uno dei concerti in piazza San Giovanni più amati di sempre…

10 Years Challenge: il concerto del 2009

Si festeggiavano i 20 anni dal primissimo concerto. Il tema principale era anche il titolo del singolo e dell’omonimo album di Vasco Rossi, Il mondo che vorrei. E il tragico e indimenticabile terremoto di magnitudo 5.9 che aveva devastato L’Aquila si era verificato solo da poche settimane.

In piazza più di 800 mila persone. A condurre era Sergio Castellitto e la lista di artisti in programma veniva descritta come una delle migliori della storia del Primo Maggio in piazza San Giovanni. Oltre all’attesissimo Vasco, tra i cantanti che si sono esibiti c’erano i Nomadi, la Bandabardò, i Marta sui tubi, Dente, Cesare Basile, i Motel Connection e Mannarino. C’erano gli Afterhours con Samuel dei Subsonica e Cristiano Godano dei Marlene Kuntz. C’era Caparezza con Mauro Pagani, la Pfm che ha cantato De André, e Paola Turci, Marina Rei ed Edoardo Bennato.

Uno dei più popolati, uno dei più scenografici e, inspiegabilmente, uno dei concerti meno bagnati dalla pioggia.

La commozione

Chi era presente lo ricorderà, chi non c’era forse dovrebbe recuperare con uno qualunque dei video reperibili in rete: sul palco, inaspettatamente, è intervenuta una banda. Indossavano tutti la giacca rossa, erano in tanti e di tutte le età. Chi sono? Che faranno mai? A suonare era il Complesso Bandistico della Città di Introdacqua (CBCI), un comune della provincia de L’Aquila. Hanno eseguito qualche brano, nel rispettoso silenzio generale. Poi, intonate le prime note della canzone Il mondo che vorrei di Vasco Rossi, è iniziato lo spettacolo. Il religioso silenzio si è trasformato in brivido. Tutta la platea stava cantando: un coro, una sola voce, 800 mila persone. Con la consapevolezza della tragicità del riferimento e con profondo rispetto.

Dieci anni dopo

Un Concertone, quello di ieri, che dopo qualche battuta d’arresto degli anni precedenti ha recuperato la stessa grinta e la stessa qualità di dieci anni fa, aggiungendo anche qualche nota di merito in più.

Oltre al super ospite Noel Gallagher, che come sperato ha tirato fuori qualche classicone degli Oasis, “tutti i musicisti che hanno partecipato sono fortemente presenti nel panorama musicale e radiofonico italiano – osserva Vincenzo Gentile, uno dei collaboratori di iCompany, la società che si occupa dell’organizzazione dell’evento – ne è prova il pubblico, che pur ricordando classici come Battiato e De Andrè, è andato in ovazione per tutti gli altri artisti. Da Ghali e Gazzelle ad Achille Lauro e La rappresentante di lista”.

Meno spettacolo e più musica, meno colori e più diritti. Se messe a confronto, le foto di allora con quelle di quest’anno mostrano una platea più attenta alla crisi dei giovani e del lavoro che ai colori di striscioni e bandiere. Nessun Che Guevara fa capolino tra il pubblico: dettaglio, questo, che fa riflettere.

Un “dieci anni dopo” più intenso, poi, per Ilaria Cucchi: sul palco di Piazza San Giovanni, dopo il suo maledetto 2009, a ricordare che “i diritti umani non sono mai e per nessun motivo sacrificabili”.