Quello che sta succedendo in Libia sta allarmando i governi di tutto il mondo (tranne forse tre che vedremo), ma non pare colpire particolarmente l’opinione pubblica italiana. Ed è un errore: quello che accade e accadrà in Libia ci riguarda da molto più vicino di quanto non possano sospettare troppi italiani.

Ma tracciamo un breve quadro della situazione: la Libia del dopo Gheddafi è divisa in tre spezzoni: la Cirenaica a Est, nelle mani dell’ex generale di Gheddafi, Khalifa Haftar, poi passato all’opposizione e tornato come uomo nuovo (e va beh). Da Tobruk, Haftar si è sempre proposto come futuro governante di tutto il Paese. Intanto però la Tripolitania, a Ovest, era ufficialmente nelle mani di Fayez al-Sarraj, leader di traballanti coalizioni. Soggetto alle continue interferenze delle varie milizie che più che aiutarlo lo controllano. C’è poi l’immenso Sud, terra di berberi, di nomadi, di beduini, di terroristi e di banditi. Ora Haftar ha mosso le sue truppe prima verso sud, assicurandosi i punti più strategicamente ed economicamente importanti per poi puntare con una lunga colonna di blindati verso Tripoli con l’intenzione di conquistarla.

Non facciamoci ingannare dalle grida di allarme di Usa, Francia, Unione europea e Russia. Si tratta semplicemente di atti dovuti e nulla più. Il fatto è che Sarraj non ha potere anche se vanta il possesso di un rimasuglio di aviazione militare con cui avrebbe compiuto incursioni contro la colonna di Haftar, giunta a una settantina di km da Tripoli.

Solo un Paese con dirigenti del tutto digiuni di politica estera poteva contare su Sarraj, e questo Paese ovviamente è stato l’Italia, piena di premure e di salamelecchi nei riguardi di uno che conta come il due di coppe quando briscola è bastoni. Mentre Haftar, oltre che sul sostegno di Egitto e Emirati arabi, può contare sull’appoggio russo e francese. Ed è proprio l’appoggio della Francia che dovrebbe preoccuparci. Dai tempi della caduta di Gheddafi Parigi cerca di scalzare la posizione dell’Eni (cioè dell’Italia) in Libia e di sostituirsi a lei nella gestione principale dei pozzi del pregiatissimo petrolio libico (petrolio light, privo di zolfo, poco costoso da raffinare). Ora è chiaro che se Haftar avrà partita vinta assisteremo al predominio della Total francese nei nostri confronti.

 Ma non solo questo deve preoccuparci: i trafficanti di uomini, che tengono in campi-lager migliaia e migliaia di poveracci provenienti da mezza Africa nera dovrebbero sbarazzarsi dei loro pregiati ostaggi (sfruttati, stuprati e imbarcati a caro prezzo), visto che Haftar non li tollererebbe. Per farlo, è ovvio, spremeranno loro gli ultimi dollari e li imbarcheranno in massa verso le nostre coste. E sarebbe quello sì un problema serissimo, al di là delle sparate propagandistiche di Salvini e dei suoi.

 C’è poi anche da considerare il fatto che avere probabilmente basi russe sulla costa che ci sta di fronte non è il massimo. Né sarà il massimo vedere l’Egitto dei massacratori di Regeni acquisire sempre più importanza.

E noi cosa faremo? Già stiam pagando l’errore di esserci legati a Sarraj. Ma si tratta di un prezzo assai minore di quello che saremo costretti a subire se le cose andranno come paiono andare.