Povero Spalletti. Il duemila e diciannove è annus horribilis per lui e per l’Inter. Le busca dal Bologna, scherzo cinese di Mihajlovic che non ha ombre e mette la bandiera sul prato di San Siro. Non ci sono alibi, la scelta ultima, disperata, di Ranocchia attaccante appartiene al calcio che fu,  che fu è anche Spalletti che dovrebbe consegnare le dimissioni se avesse un respiro di umiltà. Ma questo è un sostantivo che non gli appartiene e dunque tocca ai padroni cinesi mettere alla porta il certaldese, festeggiando il capodanno loro e la fine dell’anno sua. Il concittadino di Boccaccio non può nemmeno farsi il segno della croce come aveva fatto sul rigore di Icardi contro la Lazio, non può essere salvato nemmeno dalla Trinità che ha urgenze e priorità più serie.

L’Inter non ha forma e nemmeno sostanza, Spalletti non ha inciso in nessuno e in nulla se non nelle paturnie dialettiche e piscologiche che si porta appresso da sempre e non lo hanno mai migliorato. Beppe Marotta non ha gradito le ultime parole di vigilia ma ha anche capito che non c’è soluzione se non il licenziamento. L’Inter vista contro il Bologna è stata commovente, nel senso che ha stimolato lacrime di rabbia, la prova di Nainggolan è la didascalia di questa stagione balorda. Il terzo posto è in bilico, alle spalle soffiano Roma e Milan, il merito di questo baratro è dell’allenatore, il resto è da addebitare a Icardi e alla gestione capricciosa, infantile e arrogante del contratto. Ma è l’Inter. Con la comica finale di Ranocchia centravanti.

Tony Damascelli