La professoressa e madre del ragazzo accoltellato a Napoli nel 2017 da una baby gang ha esposto, durante la diretta di Un giorno speciale, i nuovi progetti dell’associazione, da lei fondata, per i ragazzi a rischio.

Ha raccontato la tragica vicenda di suo figlio Arturo, ragazzo accoltellato a Napoli due anni fa da un gruppo di minorenni, e delle conseguenze che l’hanno portata, successivamente, a fondare un’associazione per i ragazzi a rischio, la Prof.ssa Maria Luisa Iavarone, ospite a “Un giorno speciale” con Francesco Vergovich e Marco Guidi.

E’ accaduto il 17 dicembre 2017, quando mio figlio viene fermato da una baby gang di ragazzini fuori controllo, che lo hanno aggredito, gli hanno inferto 18 coltellate e lo hanno lasciato a terra praticamente in fin di vita. Tutto questo diventa un evento un po’ simbolo nella città, comincia a prendere forma l’indignazione e di assoluta contrizione rispetto a quello che era accaduto. Il tragico evento è accaduto, ci tengo a ribadirlo, al centro della città, in via Foria, a 150 metri da casa nostra e alle cinque di pomeriggio, sotto le luci del Natale, con i negozi adibiti in occasione delle festività e la gente che faceva shopping. Questa è la presentazione classica di quanto una città sia fuori controllo e non metta in sicurezza neanche i suoi figli più teneri che, poi, sono gli adolescenti” ha ricordato la mamma di Arturo, aggiungendo che “il reato predatorio poi si è anche configurato (hanno portato via il cellulare ad Arturo), ma sicuramente l’atto predatorio non è contemperato alla gravità del gesto e alle sue conseguenze.

A un certo punto, questi quattro ragazzetti hanno cominciato, in maniera totalmente scriteriata, a provocare Arturo, fino ad aggredirlo. E’ sicuramente un atto dimostrativo perché queste modalità di ostentata azione criminale vengono utilizzati come crediti formativi criminali. Sono ragazzini che intendono mettersi in mostra, in qualche modo, sul mercato della criminalità organizzata, affinché a loro siano attribuiti incarichi criminali maggiori” ha aggiunto poi la Professoressa Iavarone, spiegando che il figlio ha subito “due interventi delicatissimi salva vita. E’ un ragazzo che ne esce sicuramente malconcio, perché ha un deficit polmonare, e ha una corda vocale paralizzata, più il disturbo post traumatico da stress. E’ un ragazzo che dovrà sempre fare i conti con i suoi demoni.

Dopo questa vicenda, Maria Luisa Iavarone si è resa conto che “o facevo qualcosa di più grande e di collettivo, attribuendo a questa storia un significato più importante, oppure Arturo sarebbe rimasto schiacciato sotto il peso di una rappresentazione di vittima che lo portava a sentirsi vittima per tutta la vita. Ho fondato un’associazione, Artur, che si prende carico non solo delle vittime e, anche, perché no, dei carnefici.”

L’associazione fondata dalla Prof.ssa Iavarone che “con un progetto, forma educatori sportivi che siano capaci di accompagnare questi ragazzi che hanno delle modalità totalmente disfunzionali nella relazione e nella comunicazione” ha dato il via, recentemente, anche a un master che si occupa proprio di questo specifico aspetto.

Noi vogliamo formare degli educatori che siano, in qualche modo, tonici dal punto di vista muscolare, e che siano capaci di riposizionare fisicamente e di fronteggiare questi ragazzi e di rappresentare per loro, come diceva Marco Guidi, una sponda di ‘adultità’ e di rigore responsabile” ha detto la mamma di Arturo, tirando le fila del discorso.