Dieci euro per disincentivare i furbetti da “e-commerce”

Misurare abiti e scarpe in un negozio e poi acquistarli successivamente su internet: una pratica sempre più diffusa tra i consumatori e Giulio Soresina, commerciante di Sarzana, provincia di La Spezia, non ci sta.

Il negoziante di “Mara’s” ha lanciato di recente una provocazione per dire basta a questa tendenza, fissando un tetto di 10 euro per ogni prova d’abito, somma che viene in seguito detratta dall’acquisto finale. E se alla fine la compravendita non va in porto, il denaro verrà decurtato con un ulteriore sconto sul prossimo capo acquistato.

Una prospettiva che guarda al futuro e strizza, allo stesso tempo, l’occhio al passato del commercio, un’evoluzione che contribuisce a dare risposte a tutti quegli esercenti stanchi dei furbetti “da e-commerce”, che entrano nei negozi solo per provare prodotti che, nel tentativo di risparmiare, verranno successivamente acquistati in rete.

E’ un dato di fatto che il mercato degli acquisti online è cresciuto dell’11% rispetto al 2016, generando un fatturato di 35,1 miliardi di euro, e che gli e-shopper del nostro Paese sono circa 25 milioni, dei quali il 78% fa un acquisto almeno una volta al mese.

Il settore non conosce crisi, ma ha delle imperfezioni. Non occorrono dati per notare chi acquista abiti sul web. Magliette una taglia più piccola o più grande, scarpe comprate come nere e messe ai piedi nonostante quel lucido non notato nella descrizione, o righe dal colore imbarazzante che non era ben evidenziato nella foto del prodotto.

Comprare un prodotto in un negozio è un’altra cosa e per questo l’idea, magari anche inconsapevole, di Giulio Soresina guarda al futuro e potrebbe rivelarsi un efficace antidoto contro la disoccupazione creata dal commercio on line e le lacune da shopping internettiano.

Ho piazzato il cartello per allontanare i furbi ha ribadito lo stesso commerciante di Sarzana, sottolineando che “da quando chiedo 10 euro, tanti se ne sono andati e le vendite sono aumentate“.

Ça va sans dire.