La cultura italiana (al di là degli stereotipi) è sempre stata fatta di pizza, mandolino, serenate e fede calcistica ma se dovessimo fare una competizione tra gli ultimi due tratti culturali, ovvero la fede calcistica e la fede dell’anulare, cosa ne risulterebbe?

C’è sicuramente da dire, senza voler fare troppe chiacchiere da bar che il calcio è un elemento imprescindibile del maschio italiano (tra non molto anche della donna, ci si sta lavorando), un idolo per il quale si prova lo stesso affetto che si nutre forse per la mamma e non c’è da stupirsene visto che cresciamo in compagnia di entrambi, al contrario della/del partner che sì, ci dà tante gioie – forse anche di più della nostra squadra, soprattutto se non siete di Torino di questi periodi – ma che non esitiamo a sostituire non appena le cose vanno male. Insomma, cambiare partner è decisamente più facile che tingere di un altro colore la fede calcistica.

Forse perché da un lato abbiamo una parte di noi, affascinante, comprensiva, disponibile, che ci fa battere il cuore a mille ogni volta che la vediamo, dall’altro c’è… la/il fidanzata/o. Ma esaminiamo meglio il perché di questa fede incrollabile per i colori calcistici rispetto all’indifferenza che ci caratterizza dopo un annetto (o due, se va bene) in dolce compagnia.

Innanzitutto tifare per una squadra è gratis e non comporta impegni: è un aspetto da non sottovalutare perché stateci voi a pensare a ogni singolo regalo per tutti gli avvenimenti dell’anno e, soprattutto, mettere mano al portafoglio. Invece, Juve, Roma, Lazio, Milan, Inter ecc… non chiedono nulla, anzi, ci fanno pure la campagna acquisti invernale nella quale a volte  ci immedesimiamo più volentieri che nell’abbraccio natalizio della zia. E alla luce di ciò ci chiedono pure che fine ha fatto la/il fidanzatina/o!

Con la nostra squadra siamo liberi di arrabbiarci quando ci va…e spesso abbiamo pure ragione! Vi ricordate di quella discussione col partner che in cui avete avuto la meglio con delle sincere scuse a seguire? Beh, nemmeno noi.

Se qualcuno per strada parla bene della nostra squadra del cuore siamo contenti e cerchiamo di entrare nella discussione. Se qualcuno per strada parla “bene” del nostro partner cerchiamo di tirarlo sotto con la macchina. Questo perché da una parte, quando si tratta della nostra squadra si attiva la solidarietà e lo spirito di fratellanza: condividiamo con l’altra persona una parte di noi e sembra di conoscersi da sempre, dall’altra parte si tocca un pò troppo da vicino una parte di noi che non è assolutamente condivisibile con gli altri!

E mi fa stare bene quando penso a lei, canta Jovanotti: diciamocelo, quando gioca la nostra squadra siamo contenti più di quando andiamo a fare shopping o entriamo in un negozio di scarpe sportive col partner. Per di più se sappiamo che quella stessa sera gioca la nostra squadra affrontiamo l’ardua impresa con uno stato d’animo molto più accondiscendente.

Nella buona e nella cattiva sorte, la nostra squadra è sempre con noi: abbiamo passato una giornata infernale e per di più il nostro Albinoleffe (esempio) rimedia una sonora sconfitta. Si crea spirito di condivisone, “sia io che la mia squadra abbiamo passato una brutta giornata” e ci dispiacciamo forse più per il calcio che per noi (che in confronto il presidente del nostro club di fiducia è un moderato apolide). La nostra squadra vince? ” Meno male che i ragazzi hanno vinto e mi hanno risollevato”. Chi non lo ha mai pensato?

Forse aveva ragione Churchill, che affermava “gli italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio e le partite di calcio come fossero guerre”. No, scusate, aveva senz’altro ragione.