1938, in Italia vengono varate le leggi razziali fasciste. 1922, il Fascismo arriva in Italia. Cosa significa? Che il Fascismo di Mussolini, prima di rendere legge il concetto che potessero esistere delle razze biologicamente superiori di altre, a governare ci è arrivato attraverso le regole della democrazia.

Parte proprio da questo concetto la riflessione di Fabio Duranti. Ecco il suo scritto sul tema, letto e commentato in diretta insieme a Francesco Vergovich ed Enrico Michetti.

Il governo di un Paese democratico non deve mai, in nessun caso, limitare la libertà delle persone.
Le Costituzioni dei Paesi democraticamente più avanzati hanno escluso in modo categorico che i diritti fondamentali possano essere in qualche modo compressi; il dovere di chi ha scelto di candidarsi a governare un popolo è quello di tutelare il mantenimento dei diritti di tutti, ovvero di gestire la cosa pubblica in modo tale da prevenire e fare fronte a ogni calamità, senza che questo debba comportare limitazioni e privazioni della libertà.
L’esclusione categorica di qualsivoglia provvedimento coercitivo a danno del popolo, finanche emergenziale per motivi diversi dalla guerra, deriva dall’analisi delle esperienze drammatiche del passato.

Basti semplicemente ricordare che l’ultimo conflitto mondiale con epicentro il nostro occidente, vede la sua genesi all’indomani della promulgazione delle ignobili leggi razziali, basate sul “Manifesto della Razza” redatto e firmato da una “task force” di scienziati docenti delle Università Italiane, legittimati dal regime e dalle continue apparizioni sui media dell’epoca.
Ecco i nomi:

  • Lino Businco, assistente alla cattedra di patologia generale all’Università di Roma;
  • Lidio Cipriani, professore incaricato di antropologia all’Università di Firenze;
  • Arturo Donaggio, direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell’Università di Bologna, Presidente della Società Italiana di Psichiatria;
  • Leone Franzi, assistente nella Clinica Pediatrica dell’Università di Milano;
  • Guido Landra, assistente alla cattedra di antropologia all’Università di Roma, ritenuto l’estensore materiale del manifesto della razza;
  • Nicola Pende, direttore dell’Istituto di Patologia Speciale Medica dell’Università di Roma;
  • Marcello Ricci, assistente alla cattedra di zoologia all’Università di Roma;
  • Franco Savorgnan, professore ordinario di demografia all’Università di Roma, presidente dell’Istituto Centrale di Statistica;
  • Sabato Visco, direttore dell’Istituto di Fisiologia Generale dell’Università di Roma, direttore dell’Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche;
  • Edoardo Zavattari, direttore dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Roma.

Il Duce concordò con Guido Landra di costituire un Comitato Tecnico Scientifico di docenti e scienziati e di redigere il documento razzista in tempi brevi “…superando il periodo di studio preparatorio…”, in ragione della asserita esigenza di preservare la salute del popolo dalla contaminazione della razza, sostenendo la tesi della diversità biologica quale certezza scientifica.

Alcuni storici riportano notizie di iniziali malumori da parte di alcuni dei membri di quel CTS alla visura della stesura definitiva da parte dell’estensore Landra, ma questi vennero immediatamente tacciati dal regime che aveva primario interesse a diffondere la politica del razzismo, legittimandola con lo “studio” realizzato dagli “esimi” scienziati italiani.

Le cattedre universitarie occupate dai membri del Comitato Tecnico Scientifico, erano in precedenza tenute da docenti e scienziati del calibro di Enrico Fermi, Bruno Pontecorvo, Guido Fubini, Attilio Momigliano, Enrica Calabresi, Edoardo Volterra, Rodolfo Mondolfo, Bruno Segré e tanti altri che come loro dovettero ritirarsi dalla scena, alcuni dei quali riparando all’estero, altri ridotti a meri spettatori degli eventi senza alcuna possibilità di parola.

Non vi era facoltà per i medici e gli scienziati italiani di contraddire le tesi del CTS dell’epoca, chiunque si fosse opposto alle loro affermazioni strampalate, travestite da verità scientifiche, sarebbe stato isolato, perseguitato, nel migliore dei casi trattato al pari di quelli che oggi vengono impropriamente appellati “negazionisti”; la maggior parte di loro dovette fuggire.
E difatti, dopo la promulgazione delle leggi razziali, molti altri cattedratici si unirono al coro razzista, senza che vi fosse mai stata evidenza scientifica sul fondamento di quanto manifestato e di quanto fossero atroci i provvedimenti presi a danno delle persone, ritenute dal regime “contagiose”.

A qualche eroico giornalista che ebbe l’ardire di domandare sulla vicenda, venne risposto che anche oltralpe a partire dalla Germania nazista, erano già giunti alle medesime conclusioni e che anzi i provvedimenti italiani avevano maggiore attendibilità poiché si basavano su “solide prove scientifiche”, fornite dal famigerato CTS di allora.

Così come i tedeschi, anche gran parte degli italiani si lasciò convincere sulla bontà delle tesi nazifasciste; al popolo mancava non soltanto la libertà di confutare, ma soprattutto la cultura e la conoscenza per valutare autonomamente la veridicità dei proclami scellerati di cotanti scienziati, amplificati dal pensiero unico dei media di regime.
Ma il fattore più importante e decisivo è stata la paura; sapientemente diffusa dalla propaganda, sia per le sanzioni previste a carico di chi non si adeguasse alle nuove regole, sia per il timore di essere “contaminati” da quella che era mostrata come una minaccia, e che invece sappiamo essere stato uno dei progetti criminali più efferati della storia dell’uomo.

In Italia, sembrerebbe che la tragica lezione del recente passato non sia sufficiente alla popolazione per sapersi difendere da questi ingannevoli schemi di potere, che si stanno drammaticamente riproponendo.
Ed è probabile che stia accadendo anche un’altra cosa: quella parte dannata dei padroni della tecnologia che hanno il fine di privare i cittadini degli strumenti culturali necessari alla comprensione di questi atroci meccanismi, è un leviatano insaziabile di potere, completamente fuori controllo, che ha come unico obiettivo il compimento del suo progetto predatorio.

La storia si ripeterà.