San Francisco fa causa a Coca-Cola e Co. ▷ “Una battaglia ideologica”, l’analisi di Boni e Paganini

San Francisco apre un nuovo fronte contro i giganti dell’alimentare. Il procuratore David Chiu ha annunciato una causa contro Coca-Cola, Nestlé e Kellogg’s, accusandole di essere tra i principali responsabili dell’esplosione dell’obesità negli Stati Uniti. Secondo Chiu, le aziende avrebbero contribuito a creare ‘una crisi di salute pubblica’ tramite la progettazione e la commercializzazione di alimenti ultraprocessati, prodotti che – a suo dire – sarebbero stati resi ‘irriconoscibili e dannosi per il corpo umano’.

Per discutere questa mossa clamorosa e il significato politico che porta con sé, Stefano Molinari ha intervistato in diretta Bonifacio Castellane e il professor Pietro Paganini.

Un’azione puramente simbolica e ideologica

Siamo di fronte alla ‘logica della vittima’. Secondo Castellane questa iniziativa ripropone la struttura tipica del paradigma woke, che non divide più il mondo in buoni e cattivi ma in vittime e colpevoli. In quest’ottica, le persone obese vengono spinte a percepire la loro condizione come il risultato dell’azione altrui.
“Se sono grassi, è colpa di qualcuno”, sintetizza. E se c’è un colpevole, allora significa che un loro diritto fondamentale è stato violato. Da qui la spinta a ricorrere ai tribunali, con un meccanismo che finisce per costruire la figura dei “buoni”, coloro che definiscono le battaglie morali e politiche dall’alto.

Paganini: “Il cibo incide solo per il 25% sull’obesità”

L’analista Pietro Paganini amplia l’analisi introducendo il dato chiave: il cibo contribuisce all’obesità per meno del 30%, con valori attorno al 25%. Attribuire la responsabilità dell’epidemia agli alimenti ultraprocessati sarebbe quindi una semplificazione. Paganini critica l’approccio accusatorio verso prodotti considerati sicuri dalla FDA e che, se inseriti in una dieta equilibrata, non presentano rischi.

Il bersaglio politico: il cibo trasformato

Lo stesso Paganini denuncia poi una crescente ostilità verso il cibo industriale e trasformato, una tendenza che considera antiscientifica. Ricorda che la trasformazione degli alimenti accompagna l’evoluzione umana fin dalla scoperta del fuoco e che proprio questa pratica ha contribuito all’aumento della longevità.

In Italia, il settore del cibo trasformato vale circa 200 miliardi di euro e rappresenta la base dell’alimentazione quotidiana. “Se lo togliessimo dai supermercati”, afferma, “rimarrebbero scaffali vuoti e torneremmo indietro di un secolo”. La politica contemporanea preferisce scorciatoie: tasse sullo zucchero, tasse sui grassi, sistemi come il Nutriscore. Strumenti di ingegneria sociale che mirano a imporre una dieta planetaria, uniforme, ignorando la varietà delle culture alimentari e le libertà individuali. Questa tendenza sarebbe alimentata da una presunta superiorità morale di alcuni ambienti scientifici, spesso sostenuti da interessi commerciali, che si propongono di definire come il mondo dovrebbe mangiare.

Il problema fondamentale, conclude Paganini, è l’assenza di educazione alimentare. La soluzione non sarebbe quindi punire il consumatore o criminalizzare i produttori, ma fornire conoscenza e strumenti per scelte libere e consapevoli. “Oggi, però, non si vuole un consumatore libero: si vuole imporgli uno stile di vita”.