
Caos e guerriglie a Milano per la protesta nazionale per Gaza: circa 60 agenti feriti. Ma perché hanno proclamato uno sciopero dei lavoratori?
“Astensione organizzata dal lavoro di un gruppo più o meno esteso di lavoratori dipendenti, appartenenti al settore pubblico o privato, per la tutela di comuni interessi e diritti di carattere politico o sindacale”. Questa la definizione della Treccani riguardo il termine “sciopero”. Sulle finalità, anche Wikipedia parla di “miglioramento delle condizioni lavorative”. A sostegno della causa palestinese è stato proclamato dai sindacati di base uno sciopero nazionale, terminato, in alcuni casi, in guerriglia. A Milano sono state spaccate vetrine di negozi, ci sono stati disagi, disservizi e scontri con le forze dell’ordine: circa 60 agenti sono stati feriti. Eventi che hanno inevitabilmente spostato l’attenzione dalla causa alle conseguenze della protesta. Ciò che si chiede Fabio Duranti è: “Che c’entra lo sciopero con Gaza?“.
“Con tutta la solidarietà per quello che sta accadendo a Gaza, ma che c’entra uno sciopero? Un lavoratore che è trattato male si inca**a fa sciopero. Questo disastro, penso ai poliziotti feriti che sono in ospedale, alle famiglie, macchine devastate, negozi, guadagni persi, disastri, disagi per i cittadini: ma i cittadini palestinesi, non Hamas, i cittadini, che cosa hanno guadagnato da questa pantomima?“
Il punto di Capezzone
Lo aveva scritto Daniele Capezzone su Libero qualche settimana fa: “E’ l’inizio di un autunno caldo”.
“Di Gaza non gliene frega niente”, commenta in diretta a Un Giorno Speciale. “Il punto è semplicemente accendere un fuoco qua con un pretesto. Un pretesto può essere Gaza, un pretesto può essere l’università, può essere la mostra del cinema, può essere Landini, una chiassata: qualunque cosa. Uno scontro sociale organizzato e ben guidato come funziona? Funziona che tu sei un partito di opposizione e vuoi ottenere un obiettivo. Vuoi che il governo ritiri una legge sbagliata. Oppure tu sei un sindacato e vuoi firmare un contratto. Allora cerchi di fare una battaglia: la fai nelle istituzioni, la fai con la mobilitazione popolare, controlli, eviti che ci sia violenza. Se sei bravo e fortunato centri l’obiettivo e vinci. Invece qua com’è il meccanismo? Non c’è un obiettivo specifico: c’è un tentativo di buttarla contro il governo come se il governo fosse responsabile di quello che accade a Gaza; c’è l’uso della violenza; non c’è uno sbocco ragionevole; non c’è una crescita del movimento. C’è solo sfasciare tutto. E poi il giorno dopo c’è pure chi giustifica. E intanto 60 poliziotti stanno all’ospedale”.









