Nel suo intervento al Meeting di Rimini del 22 agosto, Mario Draghi ha lanciato un duro atto d’accusa contro la fragilità dell’UE sul piano geopolitico. La vecchia illusione che l’Europa potesse pesare nel mondo grazie ai suoi 450 milioni di abitanti e al suo potere economico – secondo l’ex Presidente del Consiglio – è ormai evaporata. E ha tracciato un quadro inquietante: la Cina che impone le sue regole, gli Stati Uniti che alzano barriere, l’Europa che resta a guardare. Serve un cambio di passo radicale: riforme, maggiore integrazione, investimenti comuni, e soprattutto una visione.
Ma Antonio Maria Rinaldi, ex eurodeputato ed economista, non ci sta. Ospite di “Un Giorno Speciale”, ha smontato pezzo per pezzo il discorso di Draghi, definendo le sue proposte “inattuabili” se prima non si riscrivono dalle fondamenta i trattati europei. E ne ha approfitta per togliersi più di un sassolino dalle scarpe…
“Le ricette di Draghi? Belle parole, ma tecnicamente inapplicabili”
“Il mio approccio è tecnico”, esordisce Rinaldi. “Non giudico le persone, ma quello che dicono e se è realizzabile. E quello che Draghi propone non lo è. Tutto rimane un bel quadretto appeso al muro”.
Secondo l’ex parlamentare, Draghi “dà ricette per svecchiare l’Unione Europea” ma dimentica – o fa finta di dimenticare – che l’UE è vincolata da trattati rigidi come Maastricht e Lisbona, che non consentono molte delle riforme auspicate. “Se Draghi fosse stato serio, avrebbe dovuto dire: ‘Signori, bisogna riscrivere tutto, da cima a fondo’”.
“Perché Draghi non ha parlato così dell’UE quando era al potere?”
Uno dei passaggi più duri dell’intervento è una domanda retorica al veleno: “Quando era Presidente del Consiglio, perché queste cose non le ha dette? Era nei consessi internazionali, ai tavoli che contano, poteva dirle. Lo fa adesso, da consulente esterno? Mi dispiace, ma non è credibile”.
Per Rinaldi, Draghi fa oggi la diagnosi di un sistema che lui stesso ha contribuito a costruire e mantenere. Il tempismo appare sospetto: “Erano problemi noti da decenni. Oggi pontifica, ma allora ha preferito il silenzio”.
“La BCE? Non è una vera banca centrale”
Altro bersaglio delle critiche: la Banca Centrale Europea, che secondo Rinaldi “non ha i poteri di una vera banca centrale”. La colpa? Trattati europei troppo restrittivi.
“In tutto il mondo, le banche centrali hanno due obiettivi: stabilità dei prezzi e piena occupazione. La BCE ha solo il primo. E non è nemmeno prestatrice di ultima istanza, cioè non può intervenire ad aiutare davvero un Paese in difficoltà”.
La Grecia, per esempio, è stata “messa in ginocchio, costretta a svendere tutto”. E l’Italia ha avuto lo stesso trattamento nel 2011, con la nomina di Mario Monti come commissario liquidatore di fatto.
“Caro Draghi, serve riscrivere i trattati: altrimenti l’Europa e l’UE resteranno il fanalino di coda”
Il cuore della proposta di Rinaldi è chiaro: o si riscrivono radicalmente i trattati dell’UE, oppure il declino europeo è inevitabile. “Abbiamo un mercato di 450 milioni di persone, un potenziale enorme. Ma se restiamo incastrati in questi vincoli, continueremo ad arrancare”.
Rinaldi propone un vero “reset” dell’Unione: “Non basta ritoccare qualche articolo. Serve una riscrittura da A a Z dei trattati. Solo così si può pensare di attuare le riforme di cui parla Draghi”.
“Università asservite e giovani economisti indottrinati”
Nella parte finale dell’intervento, Rinaldi allarga lo sguardo anche all’ambito accademico, con toni quasi da denuncia: “In qualsiasi università io queste cose non le potrei dire. Perché l’università non è più un luogo scientifico, ma uno strumento di propaganda. È lì che si forgiano i futuri gestori del potere economico”.
Secondo lui, le élite economiche si autoriproducono, insegnando teorie che “arricchiscono solo i ricchi e impoveriscono tutti gli altri”. Un circolo vizioso che rischia di rendere qualsiasi riforma impossibile.
“Un giovane economista ti guarda e ti dice ‘ma che stai dicendo?’. Perché è stato formato così”.
Il problema non è Draghi, ma il sistema
Il punto finale di Rinaldi è netto: non serve un nuovo Draghi, serve cambiare sistema.
“Se un modello non funziona, continuare a perseguirlo è follia. E non si può chiedere a chi ha fatto danni di ripararli. Perché farà altri danni”.
Il messaggio è chiaro: serve consapevolezza, serve reazione, ma pacifica, per cambiare un’Europa che rischia di implodere su sé stessa.










