Una battaglia politica nata nel 2020: l’euroscetticismo di Italexit però non ha trovato spazio. Il racconto di Gianluigi Paragone in diretta.

Poco spazio politico e isolamento mediatico. Il discorso euro-scettico in Italia, seppur sentito da milioni di italiani, non ha mai trovato un’attuazione pratica simile a quella del referendum riuscito della Brexit. La Lega anni fa parlava di uscita dall’Euro. In tal senso si ricorda un breve testo: “Basta Euro, come uscire dall’incubo”, a cura del Senatore Claudio Borghi (ancora oggi attivo sul tema) e con la postfazione di Matteo Salvini. Anni dopo il malessere anti-UE si rispecchia in un nuovo partito: Italexit, fondato da Gianluigi Paragone. Sulla scia del movimento britannico di Farage – oggi in testa ai sondaggi, a dispetto di chi credeva che gli inglesi ci avrebbero ripensato sulla Brexit – Italexit si è presentato con un programma chiaro: referendum sull’uscita dall’UE, uscita dalla NATO e il ritorno alla lira – oltre che contrarietà a strumenti come il Green Pass e lockdown. Una promessa di sovranità e di battaglia politica contro l’establishment europeo. Se già di per sé però l’establishment europeo tende a screditare e limitare il discorso critico contro i “valori europei” – si guardino i casi di Moldavia e Romania -, una malagestione del potenziale pubblicitario di un tema così serio può minare l’intera lotta. E’ ciò che ci spiega in diretta a Un Giorno Speciale Gianluigi Paragone, che ha lasciato il partito nel 2023.

“La politica si fa con i soldi, fuori dalle bolle non si va”

Paragone ha chiarito senza mezzi termini i limiti dell’esperienza Italexit: “La gente ha paura. Tenetevi le vostre paure e lasciatemi in pace. Io ci ho provato. Sì, in tanti ci credevamo, dopodiché la politica si fa con i soldi. La faccio facile: ho scritto un libro, Maledetta Europa. Quelli di Italexit non sono stati neanche in grado di fare delle serate di presentazione. Ma se tu non spieghi queste cose e ci ritroviamo sempre i soliti 50, 60, a volte 100, ma se dobbiamo parlarci tra di noi, a che serve? La politica è uscire dalle proprie bolle, se devo rimanere chiuso, prigioniero della mia bolla, ma lasciamo perdere”.

“I primi c*glioni sono quelli che scrivono: ‘Noi ci abbiamo creduto’. E attaccatevi al c***o, ve lo dico proprio volgarmente. Perché ad un certo punto bisogna anche cercare di uscire fuori dalle bolle e andare a incrociare gli altri. Li prendi per mano e dici: vieni a sentire un attimo cosa dice questo str*nzo di Paragone, proviamo un attimo a capire se ha ragione o ha torto e si sta inventando delle cose. Perché a me di andare a coccolare gli elettori non va. La politica purtroppo vive di euforie. Adesso è il momento di euforia di Vannacci. Io gli auguro ogni bene, ogni fortuna. Dopodiché si accorgerà che cosa significa”.