
Non ci sono santi, ma neppure morti di serie B. Il 10 febbraio, Giorno del Ricordo, serve a focalizzare quest’aspetto della tragedia ai danni delle popolazioni giuliano-dalmate, massacrate dai partigiani jugoslavi che ne hanno causato l’esodo dai territori di confine. Un orrore il cui ricordo viene infaustamente dibattuto di anno in anno tra fazioni politiche che tramite i colori legittimano revisionismo e giustificazionismo, quando non vero e proprio negazionismo.
Si stima che l’esodo giuliano-dalmata abbia coinvolto tra le 250.000 e le 350.000 persone in un viaggio della speranza che tocca da vicino l’Avvocato Giampiero Scardone, di madre istriana: “Lo stato italiano per molti anni ha omesso e steso un velo su questa vicenda. Mi ricordo che da liceale dovevo combattere con i professori di storia per far vedere quanto fosse omessa questa pagina mentre magari ce n’erano 20 sulla resistenza e si diceva, casomai, che Istria e Dalmazia erano tornate alla madrepatria jugoslava. Non era assolutamente vero”.
“Parte dei crimini furono commessi anche dai partigiani italiani. Mio zio, che allora aveva 18 anni, a guerra finita non è mai tornato a Fiume. Consegnate le armi agli inglesi, si scoprì dopo anni che fu ucciso da pattuglie di partigiani italiani, cioè dalla Brigata Garibaldi e altri pseudopartigiani comunisti. Peraltro lo Stato italiano continua a riconoscere pensioni anche a persone che sono rimaste di là e con le amnistie furono salvate ma che in realtà erano state incriminate dalla corte civile a guerra finita”









