E’ stato molto chiaro nel suo giudizio per RadioRadio.it l’ex arbitro italiano Tiziano Pieri. La partita incriminata è ovviamente Porto – Roma, in cui l’esperto Çakır non si è certo comportato da veterano con errori decisivi e un metro di giudizio tutt’altro che uniforme. Pieri, che ha diretto 69 gare nella massima serie, diventando arbitro internazionale nel 2006, ci ha spiegato la norma che ha messo in difficoltà la terna arbitrale del match del Do Dragão e anche cosa può aver spinto l’addetto al Var Szymon Marciniak a non chiamare il direttore di gara al Var review.

Iniziamo dall’episodio clou della serata di Champions: il contatto sospetto tra Marega e Schick negli ultimi attimi del match. Çakır sarebbe dovuto andare al Var da protocollo?

Da protocollo è molto sottile il confine, perché per permettere all’arbitro di consultare il Var revisionando l’episodio sul campo si deve parlare di chiaro ed evidente errore, per poter anche eventualmente cambiare decisione (tecnicamente si chiama ‘Overrule’). Quindi bisogna partire da questo concetto, cioè se quello è un chiaro ed evidente errore. Vedendo le immagini pur non essendoci volontarietà da parte di Marega, che stava correndo, non essendo più il concetto di volontarietà determinante ai fini dell’assegnazione di un calcio di punizione o di un calcio di rigore dobbiamo dire che quell’intervento dell’attaccante del Porto è negligente. Nel regolamento non si parla più di volontarietà, ma di tre concetti base per la rilevazione dei falli: negligenza, imprudenza e vigoria sproporzionata. E’ vero che Marega non lo fa apposta ma è talmente vicino a Schick che commette un errore nel corrergli così vicino, una negligenza. Lui essendo un attaccante nel suo gioco è abituato ad andare sempre ad attaccare il difensore, non avendo l’attaccante del Porto la sensibilità di un difensore non pensa in quel momento di poter fare un casino. Sono queste le considerazioni che secondo me Marciniak non ha fatto, non ritenendolo un chiaro ed evidente errore, soprattutto a distanza di sette minuti dall’episodio precedente che se lo si analizza si può sempre dire che Fernando non può raggiungere il pallone, ma ciò non vuol dire che la trattenuta di Florenzi non sia fallosa.

Magari è più questa mancanza di metro di giudizio da parte dell’arbitro che ha suscitato le proteste. Alla luce di questa carenza di uniformità da parte di Çakır che ha anche degli episodi controversi con la Juventus (nella finale di Berlino, ad esempio), si può rilevare una sorta di astio degli arbitri europei nei confronti delle italiane?

No, non credo che ci sia astio nei confronti delle italiane, soprattutto perché veniamo da un periodo storico in cui ci sono stati designatori italiani, per cui non credo che ci sia questa forma di sudditanza al contrario, se vogliamo definirla così. Credo solo che siano situazioni diverse, giudicare in maniera diversa ma non penso che si debba necessariamente andare a ricercare l’astio o una prevenzione nei confronti delle italiane. Ci sono situazioni particolari, c’è il Var che, ricordiamolo, è in fase sperimentale e soprattutto ci sono arbitri che ancora non sono abituati all’utilizzo di questo strumento quindi devono prendere un pò le misure. Poi è sempre un fatto soggettivo, non dimentichiamoci che nonostante gli errori siano diminuiti siamo sempre davanti alla valutazione umana, ragion per cui dobbiamo accettare le valutazioni diverse.

Si può dire che gli arbitri abbiano paura di perdere autorevolezza per colpa del Var?

Questo poteva essere in una situazione iniziale in cui ci poteva essere questa sorta di paura di contraddirsi. Io credo che questo oggi sia ormai superato, credo che il Var sia più un assistente tecnologico non fisico.

A suo giudizio quindi è uno strumento utile…

Assolutamente, utilissimo. Ne parliamo solo nei casi in cui ci sono discussioni o errori, ma quante volte ha fermato l’arbitro? Non è in discussione la tecnologia ma l’interpretazione che ne viene fatta.