Quando si parla di oro, ci vogliono i guanti. Da sempre risorsa presente nei portafogli degli Stati, da sempre oggetto di guerre sulla sua proprietà. Il 21esimo secolo non è fuori dalla storia come si pensa, sbagliando. Il diritto sul metallo prezioso è oggetto di dibattimenti non più tra Stati nazionali, ma tra Stato e Unione bancaria: sostanzialmente, l’UE. A sollevare la questione è stato un emendamento di Lucio Malan di Frateli d’Italia. “Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano“. Una affermazione per ribadire un concetto: la sovranità monetaria. Alla Banca Centrale Europea però non è andata giù, e ha dato parere negativo due volte sulla proposta, spiegando di non averne capito le finalità. E’ ciò che pensano molti anche in Italia: che l’emendamento sull’oro sia una non questione o, in alternativa, che il Governo Meloni abbia in mente altri scopi antieuropeisti. Ma il dibattito sulla sovranità delle risorse auree è tutt’altro che scontata. Risale invece all’ingresso dell’Italia nell’UE.
Italia e Bankitalia
All’ingresso nell’Unione Europea, l’Italia ha infatti accettato che Bankitalia, detentrice dell’oro, diventasse parte integrante di un sistema non più nazionale, ma europeo: il SEBC, Sistema Europeo delle Banche Centrali. Per cui l’Italia non può disporre unilateralmente delle proprie riserve auree (che oggi rendono Bankitalia la quarta detentrice mondiale). Deve, invece, prima consultare la BCE e adattarsi al Sistema Europeo delle Banche Centrali. L’emendamento di Malan punta a chiarire dal punto di vista normativo una situazione che è cambiata dall’ingresso nell’UE in poi. E’ ciò che ci spiega in diretta il senatore Claudio Borghi.
L’analisi di Borghi
“Il secondo intervento è stato fatto nel 2014 – diceva Borghi qualche giorno fa ai nostri microfoni – che è stato quello che mi ha fatto svegliare, quando un altro bel tomo del PD, Enrico Letta, aveva fatto una riforma di Banca d’Italia creando dei veri e propri azionisti”.
“Evidentemente avevamo ragione”, commenta Borghi in seguito al parere della BCE di Lagarde. “Ci sono due categorie di persone che potrebbero accampare diritti ovviamente a sproposito, ma bisogna essere tranquilli, che sono: la prima categoria, gli azionisti di Banca d’Italia; e la seconda categoria, la BCE. Se gli azionisti fino a adesso hanno avuto il pudore di stare zitti, invece la BCE vuole metterci il naso. Di base il concetto è che la banca centrale invece di accontentarsi delle 140 tonnellate d’oro che si è presa quando è stata costituita, per un qualsiasi strano motivo accampa diritti su cose che invece sono assolutamente degli Stati nazionali. Ed è proprio per questo che bisogna scriverlo”.
Ascolta il commento integrale a Lavori in Corso.










