Al bando gli occhiali Meta, la “follia” firmata MSC: “Ecco l’ennesima scemenza” | Bianchi e Duranti

La notizia social secondo la quale MSC, conosciuta compagnia di crociere, sarebbe in procinto di bandire a bordo delle proprie navi gli occhiali Ray Ban x Meta, occhiali con microcamera, nasce e si sviluppa tutta dentro un equivoco: quello tra tecnologia, diritto e narrazione mediatica. Ai microfoni di Un Giorno Speciale, Fabio Duranti e Giorgio Bianchi smontano una notizia costruita più sul lessico suggestivo che su basi giuridiche reali, mettendo a fuoco il corto circuito tra privacy, libertà individuali e racconto giornalistico.

“Occhiali intelligenti”: una definizione senza senso

Duranti parte dal linguaggio: “Ma intelligenti de che?”. Secondo il conduttore, parlare di occhiali intelligenti è già una forzatura concettuale, utile solo a rendere la notizia più “vendibile”. Non c’è alcuna intelligenza artificiale, ma una semplice telecamera attivabile su comando, esattamente come quelle presenti negli smartphone che tutti portano in tasca. Da qui la domanda centrale: perché vietare gli occhiali e non i telefoni, che hanno più sensori e più capacità di ripresa?

Il diritto di registrare tra presenti

Il punto giuridico è netto: la registrazione tra presenti non solo è lecita, ma rappresenta un diritto riconosciuto dalla giurisprudenza italiana e internazionale. Duranti ricorda che le sentenze della Cassazione stabiliscono la piena legittimità di audio e video realizzati quando si è fisicamente presenti, purché non si tratti di intercettazioni abusive o di dispositivi lasciati incustoditi. Il confine, semmai, riguarda la pubblicazione del materiale, che comporta responsabilità diverse. Vietare a priori la registrazione significherebbe comprimere un diritto fondamentale di autotutela e documentazione.

Privacy come narrazione, non come norma

Secondo Bianchi, il caso rientra pienamente in una logica di storytelling mediatico: “Siamo proprio nell’ambito dello storytelling”. Il richiamo alla privacy diventa uno strumento narrativo, più che un riferimento reale alla legge. La privacy, sottolineano entrambi, non vieta di registrare ciò che avviene alla propria presenza, ma disciplina l’uso successivo delle immagini. Il racconto dominante, invece, trasforma una questione tecnica in una minaccia generalizzata, alimentando confusione.

Crociera come microcosmo del controllo

Bianchi amplia lo sguardo con un’osservazione quasi antropologica sul mondo delle crociere: un ambiente chiuso, promiscuo, fortemente sorvegliato. In questo contesto, la paura non sarebbe tanto la violazione della privacy quanto la possibilità di documentare dinamiche scomode a bordo. “Il compito principale dell’equipaggio è prevenire situazioni critiche”, racconta, suggerendo che il vero nervo scoperto sia il controllo dell’immagine e dei comportamenti, più che la tutela dei passeggeri. Un divieto generalizzato, però, resta giuridicamente fragile e difficilmente sostenibile.