Giorgio Bianchi e il “premio Unesco” ▷ “Sicuri non stia arrivando il cibo per l’emergenza di guerra?”

L’Italia celebra un nuovo riconoscimento internazionale: l’UNESCO ha ufficialmente inserito la cultura gastronomica italiana nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità. Un omaggio alla ricchezza di un sapere millenario, che intreccia agricoltura, convivialità e artigianalità in un modello alimentare unico al mondo. Dalla pasta fatta in casa all’olio extravergine, dai formaggi tipici ai vini d’eccellenza, la cucina italiana rappresenta un linguaggio universale di identità, territorio e socialità.

Ma questa consacrazione arriva in un momento complesso. Il cosiddetto “cibo del futuro”, con le produzioni sintetiche, le carni coltivate in laboratorio e le farine proteiche, sta guadagnando terreno nelle politiche industriali globali. Parallelamente, l’Unione europea spinge su nuove normative ambientali e fitosanitarie che, pur nate con l’intento di tutelare il clima e la salute pubblica, rischiano di penalizzare un settore agricolo fondato sulla tradizione e sulla biodiversità.
Gli agricoltori denunciano una progressiva perdita di competitività, aggravata dall’aumento dei costi energetici e dai vincoli imposti alla produzione locale. I piccoli produttori, custodi di ricette e materie prime storiche, temono di non poter reggere l’impatto di un mercato sempre più standardizzato e dominato dalle multinazionali. L’omologazione del gusto e la sostituzione dei prodotti naturali con alimenti sintetici rischiano di appiattire secoli di cultura alimentare, svuotando di significato il modello enogastronomico italiano.
Nel riconoscimento UNESCO c’è dunque un richiamo alla responsabilità: difendere la cucina italiana non è solo un atto di orgoglio nazionale, ma una scelta di civiltà. Preservare le filiere agricole tradizionali, investire nella qualità e trasmettere alle nuove generazioni il valore della stagionalità e del territorio significa custodire un’eredità viva, che continua a raccontare l’anima del Paese al mondo.

“Il cibo del futuro a me spaventa particolarmente perché si aggancia alla questione della guerra”, commenta il reporter Giorgio Bianchi, “mi dà l’idea quasi di uno sdoganamento, un cibo d’emergenza in caso non ci sia possibilità di approvvigionarsi regolarmente. Questo perché è evidente che nessuno sano di mente in Italia mangerebbe quella roba lì, nonostante qualcuno del giornalismo magnifichi larve e insetti come cibo del futuro”.

Nel video il commento a ‘Un Giorno Speciale’.