In dieci quasi subito e progressivamente schiacciato a ridosso della propria area, il Napoli dopo il rosso a Di Lorenzo è costretto a ridisegnare se stesso e ridefinire il proprio piano di battaglia, che dal momento dell’espulsione in poi assume le caratteristiche dell’occupazione strategica delle proprie zolle, a protezione di tutto ciò che il City vuole e può invadere. Mettiamoci pure che Milinković – Savić diventa “l’uomo in più” di una squadra che ne ha uno in meno. Nel frattempo, il sacrificato per far posto a Olivera è colui che era atteso da una sorta di incitamento condiviso tra chi lo aveva e chi se lo gode ora: la partita di Kevin De Bruyne finisce quasi prima di cominciare.

Convince poco, per una serie di squilibri nella valutazione di vari episodi, l’arbitraggio del teutonico Zwayer.

Proprio quando Conte aveva appena irrobustito le linee arretrate con l’ingresso di Juan Jesus in luogo di Politano, è arrivato il gol del City, grazie a un assist al tartufo bianco di Foden: scavetto coi giri contati per il movimento quasi “da foca” di Haaland che svetta per andare a pizzicare con la fronte l’uno a zero.

Il raddoppio di Doku gela l’intera retroguardia partenopea, attonita al cospetto del suo slalom.

È stato un Napoli che ha dovuto reinventarsi quasi subito per resistere: progetto riuscito per poco meno di un’ora, in casa di una corazzata come quella di Guardiola.
Sospensione di giudizio per una squadra, il Napoli stesso, che dopo questo battesimo del fuoco dovrà andare a caccia di punti altrove.

Paolo Marcacci