Furio Focolari è stato uno dei Padri di Radio Radio, con la maiuscola e senza bisogno di virgolette. Anzi: è uno dei Padri, scusandomi per lo sgambetto della commozione che fa sbagliare i tempi verbali e per la stupidità della morte, che pensa sempre di averla vinta nei confronti della memoria che, invece, le resiste e che col tempo si farà più nitida e schietta, proprio come sapeva essere Furio soprattutto quando nel dibattito s’ingrossava la marea della polemica.
Il suo tono di voce, con quella nota in più che acquisiva quando lui si accalorava per sostenere un concetto o per confutarne un altro, da qualche tempo non lo sentivamo. Tornerà, più tagliente e polemico ancora, proprio quando capiremo che il dolore che ora proviamo non è l’ultima fermata, perché oltre c’è la consapevolezza che uno come Furio nessuno se lo potrà scordare; anche semplicemente perché continueremo a chiederci cosa direbbe di questa o quella situazione, di questo o quel personaggio, vorrà dire che di andarsene del tutto non vorrà mai saperne. Succede a chi lascia eredità di stima pur nei passeggeri disaccordi; a chi caratterizza il proprio punto di vista con autenticità, correndo il rischio di risultare a volte impopolare; a chi come Furio Focolari, non ha mai fatto “zero a zero” ogni volta che è stato chiamato a pronunciarsi su un qualsivoglia argomento, compresi quelli non riguardanti lo sport.

Solo ciao Furio, nessun addio – radioradio.it

Zero a zero lo fa la morte, prevedibile e vigliacca, che proprio per questo non vince mai del tutto: non con uno come Furio, certamente, che fino all’ultimo ha provato a prenderla a calci in culo; lui ci impedirebbe di censurare quest’espressione che così bene sintetizza la sua tempra. Lo ringrazia la vita, agli antipodi di ciò che scompare, che lui ha amato ogni giorno di più e più ancora proprio negli ultimi e più faticosi giorni: l’unico atteggiamento possibile per un autentico uomo di sport, quale lui era in mezzo a tanti semplici sportivi, come in tanti potemmo definirci; con quello scarto incolmabile che passa tra le due definizioni e che fino all’ultimo Furio Focolari ha saputo trasmettere non soltanto con i suoi commenti ai vari eventi calcistici e non, ma anche con i suoi racconti da praticante entusiasta.

Ci ha insegnato che per comunicare l’obiettività di un punto di vista e farla percepire come tale, nascondere la propria fede e la propria appartenenza non serve, quando ci si conquista quell’attendibilità che svetta sopra ogni campanile o fazione.

Del cronista che è stato, può testimoniare la Storia dello sport italiano, alla quale lui ha messo la mano sulla spalla e il microfono accosto alle labbra; con tanti momenti indelebili ai quali la voce di Furio Focolari ha fornito il sottofondo e la spiegazione, quest’ultima a beneficio delle fasce di pubblico meno esperte: non soltanto con Alberto Tomba e non solo per lo sci, perché Furio sapeva calarsi in ogni contesto sportivo dimostrando la conoscenza propria di quella generazione di cronisti che potevano attraversare la gavetta che si faceva un tempo soltanto per mezzo di una preparazione che esigeva fame e ore di sonno, senza concedere nessuno sconto e nessun appiglio.

A uno come lui si può dire soltanto ciao, perché è innaturale dire addio a chi sai che tornerai a citare ogni volta che ti occorrerà un’espressione efficace e un poco irriverente per commentare i fatti che ancora devono accadere: sarà la morte stessa, allora, a chiedersi: – Me state a cojonà?! – come ama ripetere, nel presente eterno di quelli che non se ne vanno mai del tutto, Furio Focolari.

Paolo Marcacci