Il presidente americano Donald Trump, definito “il codino biondo che fa impazzire il mondo”, ha dichiarato risolutamente che è giunto il momento di porre fine alla carneficina in Ucraina. Un messaggio chiaro, che segna un cambio di passo rispetto alla linea tenuta dall’amministrazione Biden. Secondo Trump, la guerra deve concludersi al più presto e con una via d’uscita dignitosa per gli Stati Uniti.
Il cambio di passo rispetto a Biden
Trump ha parlato di carneficina, sottolineando la necessità di interrompere il conflitto. Una posizione che rappresenta una rottura rispetto all’atteggiamento dell’arcobalenico e vegliardo Biden, il quale aveva definito Putin “macellaio”, segnalando così l’impossibilità di ogni trattativa. Come sottolineato, Trump non agisce per bontà d’animo, ma per sobrio realismo: ha compreso che gli Stati Uniti non sono nelle condizioni di sconfiggere la Russia di Putin, contrariamente a quanto speravano in un primo momento.
Le origini del conflitto
Secondo questa visione, la guerra in Ucraina ha radici lontane, risalenti agli anni ’90, quando gli Stati Uniti d’America iniziarono a fagocitare spazi un tempo appartenenti all’Unione Sovietica. L’obiettivo era chiaro: far capitolare la Russia e normalizzarla in senso liberale e atlantista. In tale scenario, l’Ucraina sarebbe diventata una vittima delle politiche espansionistiche della civiltà del dollaro e dell’Occidente, con la complicità del guitto di Kiev, l’attore con la N maiuscola Zelensky, descritto come un burattino telecomandato da Washington.
Il destino di Zelensky e l’uscita americana
Ora che gli Stati Uniti hanno compreso i reali rapporti di forza, il burattino Zelensky viene abbandonato alle fiamme, come i personaggi di Mangiafuoco in Pinocchio. Appare ormai evidente che la Russia abbia di fatto vinto la guerra, e Washington, con Trump, cerca di uscirne dignitosamente per salvare la faccia. Una scelta definita condivisibile, sebbene sarebbe stato meglio non dare mai inizio alla guerra e rispettare gli spazi della Russia. Oggi resta la consapevolezza che la potenza russa è in grado di resistere all’imperialismo a stelle e strisce.










