Partita sorprendente, questa finale sotto gli occhi dei coniugi Trump, di Infantino con la scarpetta immacolata e di una comunità di appassionati scettici e al tempo stesso curiosi su scala globale.

Più scettico che curioso, a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate all’inizio del torneo, era sembrato il tecnico del Chelsea, Enzo Maresca, ora Campione del Mondo dopo aver già vinto la Conference League neanche due mesi fa.

In proporzione, ha azzeccato più cose il Chelsea per mano del sto allenatore o ne ha sbagliate di più il Paris Saint Germain, incapace in assoluto di influire sull’inerzia della partita? Propendiamo per la tesi secondo la quale è stato bravo proprio Maresca a preparare un match nel corso del quale i suoi centrocampisti sono stati in grado sin dall’inizio di approfittare di quegli spazi tra le linee nei quali Vitinha e compagni erano assenti quanto i politici italiani a Wimbledon.

Sugli scudi Cole Palmer, celebrato anche nel nostro titolo, con i primi due gol di pregevole fattura e l’assist per il terzo gol londinese firmato da João Pedro: ventitré anni e l’esibizione di doti indiscutibili, a livello di giocate sontuose esibite ad alta velocità.

Il Chelsea è stato perfetto e a tratti perfino tracotante, con il suo palleggio incontrastato; il PSG non è esistito e, dopo una sequela di partite non solo vinte ma dominate, è interessante capire cosa abbia potuto portare non al risultato in sé ma al tipo di prestazione esibita dai francesi.

Ora che le rassegna è finita, il trofeo è in volo verso Londra. Non resta che chiedersi quanto e come rischiano di pagare gli strascichi di questa manifestazione i club che vi hanno preso parte.