Alla cena di Stato offerta dal Granduca Enrico di Lussemburgo, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato testualmente che il progetto dell’Unione Europea è fondato sulla pace e sulla giustizia sociale, come hanno riportato tutti i principali quotidiani nazionali, i più letti e i più venduti.
Pur nel massimo rispetto della più alta carica istituzionale dello Stato, riteniamo opportuno avanzare alcune considerazioni critiche e controcorrente rispetto a queste parole, che a nostro giudizio non rispecchiano affatto la realtà dei fatti. Anzi, si inseriscono pienamente nel discorso dominante, quello che celebra l’Unione Europea come trionfo della democrazia e dell’idea di Europa, mentre in realtà rappresenta la perversione di entrambe. Come sosteniamo da tempo, l’Unione Europea non è altro che la riorganizzazione verticistica del capitalismo nel Vecchio Continente, avvenuta dopo la data epocale del 1989. Per citare Antonio Gramsci, si tratta di una “rivoluzione passiva”, mediante la quale i gruppi dominanti hanno ristrutturato il loro potere sfruttando il mutato equilibrio delle forze e rafforzando ulteriormente la dominazione turbo-capitalistica sulla vita quotidiana e sul lavoro.
Il paradigma bellico
Per quanto riguarda la pace, non dobbiamo dimenticare che l’Unione Europea si sta riarmando fino ai denti, secondo il discutibile piano “Rearm Europe” proposto e voluto da Ursula von der Leyen, considerata da noi come la vestale dei mercati cosmopoliti e la sacerdotessa del capitalismo senza confini.
Sembra anzi che l’UE stia facendo di tutto per alimentare la guerra contro la Russia di Putin, lasciando intendere che la responsabilità sia tutta da attribuire alla Russia stessa. Altro che progetto di pace: ci era stato garantito che l’Unione Europea ci avrebbe protetti dalle guerre, mentre oggi sembra che stia accadendo il contrario, e che sia proprio l’Unione a favorire in ogni modo il conflitto.
Per quanto riguarda la giustizia sociale, essa ci appare lontanissima dall’Unione Europea, almeno quanto lo sono la Terra e Plutone. L’UE rappresenta infatti un progetto di classe, finalizzato a garantire la dominazione delle élite economiche e il conseguente massacro sociale ed economico delle classi subalterne, del “popolo degli abissi”, dei “descamisados” della globalizzazione neoliberale.
Basti considerare, anche solo di sfuggita, che disuguaglianze e ingiustizie sociali sono notevolmente aumentate rispetto alla situazione precedente all’ingresso nell’Unione, cioè rispetto agli Stati nazionali europei prima di essere inglobati nel progetto, a nostro avviso esiziale, di Bruxelles. Questa distruzione di ogni residuo di giustizia sociale e di dignità del lavoro non è un fatto accidentale, ma strutturale.
Basterebbe leggere il Trattato di Lisbona del 2007 per rendersene conto: la parola che vi ricorre più frequentemente è competitività, termine che difficilmente si associa all’idea di giustizia sociale, essendo invece la parola chiave dell’ordine neoliberale e del suo sfrenato competitivismo.
La giustizia sociale come miraggio
Sì, l’Unione Europea non conosce alcuna idea di giustizia sociale. Ammette solo la cosiddetta “giustizia del mercato”, cioè quella per cui hai tanti diritti quanti puoi permetterti di acquistare. Questo è un altro modo per definire l’esiziale processo di privatizzazione e liberalizzazione che, fin dall’inizio, ha colpito i popoli all’interno dell’Unione.
Così concepita, l’Unione Europea non è altro che un involucro politico che garantisce e anzi favorisce la dominazione turbo-capitalistica su tutto e su tutti. Una volta di più, il problema fondamentale che oggi si pone non è salvare l’Unione Europea, ma salvarsi da essa whatever it takes riprendendo in forma rovesciata il teologumeno dell’euroinomane di Bruxelles, Mario Draghi.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro