Il nuovo formato del Mondiale per Club, in programma nel 2025 negli Stati Uniti, rappresenta una delle trasformazioni più rilevanti nel calendario calcistico internazionale. Ma mentre la macchina organizzativa accelera, non mancano osservazioni critiche su tenuta fisica, sostenibilità e reale impatto del torneo.

Un progetto ambizioso, ma dagli equilibri delicati

L’estensione del Mondiale per Club a 32 squadre nasce con l’obiettivo di dare al calcio per club una vetrina globale, sul modello della Coppa del Mondo per nazionali. La FIFA punta su un evento capace di attirare pubblico, sponsor e investimenti. Tuttavia, secondo Xavier Jacobelli è lecito chiedersi quali siano le priorità reali del progetto. “È la conferma che questo è un torneo che si gioca non per soldi, ma per denaro”, osserva, sottolineando una dinamica in cui l’aspetto economico sembrerebbe prevalere su quello sportivo.

Maltempo e programmazione: segnali da non ignorare

Un altro punto critico sollevato riguarda la gestione logistica e ambientale degli eventi, con riferimento alle recenti interruzioni delle partite. “Quella di ieri è stata quella del Chelsea, la sesta partita interrotta per cause meteorologiche, e il record è stato di 4 ore e 38 minuti”, ha ricordato Jacobelli. L’osservazione si inserisce in una riflessione più ampia sulla scelta delle sedi e dei periodi di svolgimento: “Se questo è l’antipasto del campionato del mondo che si disputerà l’anno prossimo per nazionali negli Stati Uniti, in Messico e in Canada, siamo messi molto male”.

L’usura dei calendari e i rischi per i giocatori

A preoccupare è anche il sovraccarico di impegni a cui sono sottoposti i calciatori. Il caso di Davide Frattesi, fermatosi per un infortunio muscolare il 29 giugno, è uno degli episodi citati da Jacobelli per illustrare una tendenza ormai evidente. “La partita dell’Inter di questa sera è la 62ª stagionale”, ha sottolineato. Un dato che riapre il dibattito su come bilanciare esigenze commerciali e salvaguardia della salute fisica degli atleti, in un contesto in cui le pause sono sempre più rare e il margine di recupero sempre più ridotto.

Rappresentanza e responsabilità: il ruolo dei protagonisti

Infine, Jacobelli ha posto l’accento su una questione di responsabilità collettiva, che coinvolge non solo le istituzioni calcistiche, ma anche chi dovrebbe rappresentare la voce dei calciatori. “Ciò che stupisce è che i calciatori, i loro sindacati, i loro rappresentanti dopo aver parlato molto in queste settimane… poi però in campo ci sono andati”. Una riflessione che invita a valutare non solo le scelte organizzative, ma anche la coerenza di chi opera all’interno del sistema, in un equilibrio costante tra protesta e partecipazione.