Smontiamo punto per punto la favoletta del debito comune europeo

La favola del debito comune europeo

Oggi voglio raccontarvi una favola: la favola del debito comune europeo. L’idea di creare un debito comune tra i Paesi membri dell’Unione Europea può sembrare affascinante, quasi una bella favola appunto. Questa proposta, recentemente rilanciata dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, viene vista da alcuni come una possibile soluzione alla mancanza di un mercato dei capitali integrato nell’UE. Tuttavia, tale mancanza non dipende dagli strumenti finanziari disponibili, ma è ostacolata principalmente da barriere normative e burocratiche.

Il vero ostacolo: la burocrazia

La scorsa settimana ho avuto modo di partecipare come moderatore a un convegno alla Camera dei Deputati a Roma. Dai dati presentati è emerso chiaramente come il costo della burocrazia sia il fattore più penalizzante per il funzionamento dell’economia europea. È un tema su cui ho riflettuto molto e su cui desidero insistere. Spesso ci indigniamo per i dazi imposti da Trump, ma dimentichiamo che il dazio più alto che pesa su tutti noi è proprio quello imposto dalla burocrazia europea.

La realtà dei titoli sovrani e sovranazionali

A ben vedere, i titoli sovrani come i BTP italiani, i Bund tedeschi o gli OAT francesi sono strumenti già molto liquidi e scambiati a livello globale. Al contrario, le emissioni di titoli da parte di istituzioni sovranazionali come il MES, la BEI o la Commissione Europea presentano gravi problemi di liquidità. Ciò si deve al fatto che il bilancio dell’UE è privo di entrate fiscali proprie e dipende dai contributi degli Stati membri, i quali devono a loro volta imporre tasse ai propri cittadini. Questa struttura debole non ispira fiducia agli investitori internazionali.

Un sistema inefficiente e poco attrattivo

Il mercato mobiliare europeo si è rivelato, nell’ultimo decennio, una trappola per i risparmiatori, a causa della crescita economica stagnante dell’UE, bloccata da rigidi parametri di austerità. Le istituzioni europee, come la Commissione, dimostrano una limitata capacità gestionale, soprattutto quando si tratta di fondi ingenti. Basti pensare che sono stati necessari quattro anni per erogare soltanto 315 miliardi dei 750 miliardi previsti dal programma Next Generation EU. In questo contesto, l’idea che un debito europeo possa attrarre i risparmiatori di tutto il mondo appare priva di fondamento. Finché chi emette questi titoli non potrà garantire la restituzione tramite una capacità impositiva autonoma, tale progetto non potrà che rimanere una favola.

MALVEZZI QUOTIDIANI – L’ECONOMIA UMANISTICA SPIEGATA BENE CON VALERIO MALVEZZI