Dalla Crisi del 29′, a distanza di quasi 100 anni, tanto la gestione del patrimonio pubblico italiano come l’economia mondiale in generale, sono mutate in maniera radicale. Ma la ‘Fiumana del Progresso’ descritta da Verga, si sa: non sempre è una buona notizia.
Quelli odierna infatti è un’economia vittima dell’isterismo dei mercati. Da strumento al servizio dei singoli stati, questa si è trasformata in un suo surrogato distorto dalle logiche (e dagli estremismi) delle dinamiche finanziarie. E il riferimento iniziale alla Crisi del 29′ non è affatto casuale… In quegli anni, molte nazioni hanno necessariamente intrapreso una serie di iniziative volte a risollevare l’economia cosiddetta reale; quella delle gente comune e della di vita tutti i giorni.
Come non pensare al ‘New Deal’ di Franklin Delano Roosevelt negli Stati Uniti? O all’istituzione dell’IRI (L’Istituto per la Ricostruzione Industriale) in Italia? Dopo quasi un secolo, gli ideali keynesiani che sottostavano a progetti storici di questa portata sono stati spazzati via dagli eccessi monetaristi globali (e dell’Unione Europea).
“Svendere il patrimonio pubblico dello Stato per ridurre il debito pubblico? Niente di più folle. Anche perché l’obiettivo non è stato nemmeno raggiunto“. Queste le parole dell’ex parlamentare Antonio Rinaldi, che in diretta su “Un Giorno Speciale” ha toccato i punti salienti della storia del processo degenerativo che ha colpito la nostra economia.
Patrimonio Pubblico, Rinaldi: “È giusto andare a quotare società che distribuiscono dei servizi essenziali?”
“Agli inizi degli anni ’90, per rientrare entro i parametri contabili stabiliti dal Trattato di Maastricht, l’Italia ha svenduto alcune delle sue proprietà più redditizie nella speranza di ridurre il suo debito. Ciò non solo è inutile, ma anche controproducente, perché si trattava di compagnie che producevano ricchezza“.
L’excursus storico: “L’IRI fu fondato dopo la crisi del ’29: il famoso venerdì nero della borsa di New York. Molte aziende rischiavano il fallimento. Per questo intervenne giustamente lo Stato. Era importante mantenere i livelli di occupazione, altrimenti la gente sarebbe finita in mezzo alla strada. Il progetto di matrice keynesiana proposto dal governo americano seguiva lo stesso principio: generare lavoro, distribuire denaro ai cittadini. In questo modo loro potevano tornare a una qualità di vita accettabile. E allo stesso tempo tornavano a consumare: favorendo un nuovo giro di denaro. Parliamo del famoso “Moltiplicatore Keynesiano”: niente di più lontano da quanto stabilito dal Trattato di Masstricht e dalle scelte del governo italiano dell’epoca“.
ASCOLTA L’INTERO INTERVENTO IN DIRETTA SU “UN GIORNO SPECIALE – FABIO DURANTI