Gino Cecchettin e ciò di cui non ha parlato da Fazio

Nella trasmissione detta “Che tempo che fa” sulla Nove, il salotto notoriamente pluralistico di Fabio Fazio, è intervenuto domenica sera Gino Cecchettin, il padre della povera Giulia, vittima di un efferato e orrendo omicidio che ha sconvolto e che tuttora sta sconvolgendo l’Italia tutta. Straordinario davvero che il padre di Giulia abbia trovato la forza di andare in televisione a parlare della vicenda dopo così pochi giorni dalla scomparsa della figlia. Naturalmente ognuno elabora il lutto secondo le proprie sensibilità.
Ovviamente la presenza di Gino Cecchettin si è trasformata subito, immancabilmente, in una grande prestazione ideologica contro il patriarcato, come l’ordine del neoliberismo progressista oggi impone.

Poco importa in fondo che il patriarcato in Europa non esista più da almeno 50 anni, e che invece trionfi sotto il cielo la società del “padre evaporato”, come la chiamava Lacan, la società del desiderio individualistico illimitato, quello che deve comunque sempre imporsi e che quando trova ostacoli dinanzi a sé li travolge impetuosamente, magari anche producendo la morte altrui.

Il padre di Giulia ha detto testualmente di aver fatto un grande percorso di cambiamento, e stupisce davvero che questo percorso sia avvenuto in così pochi giorni. Ha altresì lasciato intendere che occorre cambiare la società, lottando contro il patriarcato, vero responsabile della violenza a suo giudizio. Sarebbe interessante domandare a Gino Cecchettin dove veda oggi il patriarcato, nel tempo della famiglia liquida, del maschio fragile, del trionfo individualistico dell’io, secondo quella che Christopher Lasch chiamava la “cultura del narcisismo”.

Ma come è noto nel salotto pluralistico di Fabio Fazio, non vi è spazio per voci contrastanti rispetto all’ordine del discorso presentato al pubblico. Mai un dubbio, mai una contraddizione, mai una domanda, mai una critica.
Il flusso del discorso deve procedere a senso unico, come una grande verità lasciata cadere gentilmente e generosamente dall’alto e diffusa tramite la potenza catodica.

Non un cenno da parte del padre di Giulia al reale colpevole dell’omicidio di sua figlia, quasi come se in realtà a essere colpevole fosse l’intero genere maschile affetto da intrinseco patriarcato e degno di essere rieducato.
Quasi come se appunto essere maschi, questo il cuore dell’ideologia odierna della lotta al patriarcato, fosse una colpa da cui liberarsi mediante un lento e graduale processo di rieducazione. Insomma una grande prestazione ideologica coerente con l’ordine erotico della globalizzazione neoliberale, come se appunto ogni maschio in quanto tale fosse responsabile dell’orrendo omicidio di Giulia Cecchettin.

Da questo punto di vista, una volta di più, il notoriamente pluralistico salotto di Fabio Fazio si è rivelato altresì un avamposto fondamentale di diffusione del pensiero unico politicamente corretto di completamento della globalizzazione neoliberale.
Una volta di più si è posto in essere un pensiero imposto, senza alcun dubbio, senza alcuna critica, senza alcun contraddittorio.
Una volta di più si è verificata una spettacolarizzazione coerente con la civiltà dei mercati e funzionale di fatto a rinsaldarne l’ordine da un punto di vista mediatico e di elaborazione del consenso. Nulla di nuovo sotto il sole, direte voi: ne abbiamo ora un’ulteriore conferma.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro