Il vero obiettivo nascosto delle norme ESG: in gioco il futuro del 99% delle nostre imprese

Insisto sul tema ESG perché è la preoccupazione più grande che io ho sul mercato economico e non ne parla praticamente nessuno.
Una ulteriore critica che voglio fare, a quelle già fatte nei giorni scorsi, è quella della asimmetria tra piccole/medie imprese e grandi imprese. Obbligare le aziende a fare comitati d’ascolto, documenti, procedure? C’è una mole di lavoro spaventosa dietro queste leggi che avrà un impatto molto diverso su una multinazionale come la Coca-Cola o su una piccola impresa come la Rossi SRL.
Qual è il problema?

Il problema è che le piccole, medie e micro imprese in Italia sono il 99% e quindi non sono in grado di far fronte a questa normativa dal punto di vista manageriale di capacità di risorse umane, manageriali, finanziarie. Si creerà cioè un processo di creative destruction di cui vi ho già parlato in questi anni e anzi temo che questa distruzione creativa sia il vero obiettivo non dichiarato ma nascosto, cioè penalizzare le piccole e medie imprese e costringerle poi ad una incorporazione attraverso acquisizione a prezzo di saldo da parte delle multinazionali.

La seconda ragione è il fatto che c’è un’altra asimmetria, quella tra banche.
Anche qui ci sono banche di piccola dimensione, banche di medio-grande dimensione, multinazionali e società quotate.
Quindi per esempio in Italia tutte le banche quotate non sono più banche italiane, sono tutte banche detenute da fondi speculativi esteri.
Le grandi banche hanno strutture per poter, nei consigli di amministrazione e negli apparati, fare fronte in modo molto più semplice a questo adempimento amministrativo che cade sulla loro testa. E ci sono gravissime sanzioni per tutte le banche se danno credito ad aziende che non sono tecnicamente ESG Compliance. Quindi ci sarà un costo asimmetrico, anche qui, tra la grande banca e la piccola banca.

La terza questione riguarda proprio l’effetto che questi due primi aspetti porteranno, cioè una possibile ulteriore restrizione del credito, tecnicamente credit crunch. Il problema qual è? Dedicare risorse manageriali all’attenzione a aspetti societari ambientali, è al di fuori degli obblighi attuali del mondo della finanza che hanno i manager. Se i manager si dedicano ad adempimenti amministrativi così pesanti, possono perdere di vista, questa è la critica di molti autori, il mercato, la vendita, con effetti ancora negativi sull’MPV.
E poiché ci sono meccanismi di premio-sanzione che vanno a colpire anche i manager e i consigli di amministrazione, questo andrà ad impattare sul fatto che solo quelli che adempieranno queste logiche otterranno ancora credito.
Gli altri saranno penalizzati. E parlo di piccole, medie e micro imprese italiane.

Malvezzi Quotidiani – L’Economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi