“Un capolavoro dell’IA”: in prima pagina elogiano un disastro del trash artificiale

Cos’è un capolavoro? Chi non se lo è mai chiesto, senza scomodare il ben più filosofico tema del “cos’è l’arte”?
Ma non serve aver letto un saggio di Walter Benjamin per dare al volo delle risposte: la Pietà di Michelangelo, La cappella degli Scrovegni di Giotto, o magari uno dei celebri ritratti di Munch. Nulla di questo viene in mente a Repubblica, che invece nei giorni scorsi ci ha tenuto a pubblicare nell’edizione online un capolavoro di contemporanea fattura.

“Il rap di Monna Lisa è un capolavoro”, leggiamo. Poi apri l’articolo e trovi l’animazione di Lisa Gherardini intenta a intonare un pezzo dal sound moderno. Il bello è soggettivo? Concediamo che lo sia, ma per giustificare una scelta del genere da parte dell’articolista ci vuole molto di più. Dovremmo ad esempio glissare sul fatto che tecnologicamente fare una cosa del genere era possibile dai primi istanti degli anni 2000, dunque ci sarebbe da ridire sul criterio di notiziabilità usato dal quotidiano di Molinari.
Poi c’è l’altra questione: quella di chiamare “capolavoro” un prodotto del genere. Qui, come detto, entriamo nel soggettivo: commentate voi stessi.

Noi lo abbiamo fatto con Fabio Duranti e Francesco Borgonovo