Tra i finanziatori del pride spunta McKinsey: un particolare che la dice lunga

Sul Fatto Quotidiano compare una notizia degna davvero di essere commentata. Leggiamo infatti che tra i finanziatori del recentissimo Pride di Milano figura anche – tra le tante – la società di consulenza globale McKinsey and Company.
Per chi ancora non la conoscesse, si tratta di una società di chiarissima impostazione liberista e globalista. La domanda che sorge spontanea così potrebbe essere cristallizzata: perché mai una società di chiara impostazione liberista e globalista, vicina alle idee di chi comanda il mondo, dovrebbe finanziare una manifestazione che si autoproclama di dissenso e di protesta in difesa dei più deboli?
Non deve sfuggire come le proteste dei lavoratori o quelle popolari e anticapitaliste, come le giubbe gialle di Francia non godano mai di simili sponsor.

Questa vicenda sembra costituire allora una prova a sostegno della tesi che da tempo vado sostenendo: le battaglie arcobaleno per i capricci di consumo individuale nulla hanno a che vedere con i sacrosanti diritti delle persone omosessuali, come il diritto al lavoro o il diritto alla possibilità di vivere senza discriminazione la propria sessualità. Sono anzi particolarmente care all’ordine del discorso dominante. E ciò per più ragioni, due delle quali mi paiono lampanti.
In primis si tratta di efficacissimi strumenti di distrazione di massa. Strumenti buoni a focalizzare l’attenzione rispetto alla questione del lavoro e della lotta di classe, mentre le classi dominanti plutocratiche si prendono indietro una dopo l’altra tutte le conquiste salariali del lavoro ottenute negli anni delle giustissime lotte di classe.

Le sinistre fucsia, anziché difendere il lavoro e i diritti sociali, dirottano con zelo l’attenzione sulla questione dei capricci arcobaleno e così facendo distraggono le masse e svolgono in termini dialettici una funzione emancipativa.
In secundis, in maniera sinergica, le battaglie arcobaleno svolgono una funzione compensativa, quasi come se risarciscono i lavoratori e la gente comune, privati sempre più dei diritti sociali e del lavoro con capricci di consumo.

Capricci di consumo che ovviamente nemmeno lontanamente sfiorano la questione sociale, del tipo: ti togliamo il lavoro e la sanità pubblica, ma in cambio ti diamo generosamente la possibilità di sposarti con chi vuoi e di affittare, se ne hai facoltà economica, l’utero altrui. Come a dire: la classe dominante neoliberale in alto decide sovranamente dei temi dell’economia e del lavoro e poi generosamente lascia al basso l’amministrazione di questioni irrilevanti rispetto alla questione sociale, come sono appunto le questioni legate all’arcobaleno.
Potremmo esprimere il tutto con un’immagine che ho impiegato nel mio recente studio Demofobia. Mentre la mano destra del fanatismo economico si prende i diritti sociali, economici e del lavoro, la mano sinistra del fanatismo progressista elargisce capricci di consumo arcobaleno per tutti. Immagine efficace quella delle due mani, credo, dacché oltretutto bene adombra il ruolo emancipativo delle odierne sinistre fucsia neoliberali. Esse sono funzionali, organiche al progetto neocapitalistico non meno delle destre neoliberali e insieme rivelano una volta di più come il capitalismo globalista oggi sia un’aquila a doppia apertura alare: ala destra dell’economia finanziaria, alla sinistra del progressismo, dei capricci di consumo per ceti abbienti con funzione distruttiva e funzione compensativa.

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