Qualcuno pagava la Wagner meglio di Putin: 43 milioni di dubbi e lingotti d’oro nell’ufficio di Prighozin

È un vero e proprio mistero apparente quello dei guerriglieri della Legione Wagner, i quali, come noto, nei giorni scorsi si sono rivoltati.
Secondo la narrativa mainstream dei giornali occidentali hanno innescato una vera e propria guerra civile in Russia.
Una guerra civile che, è stato detto, rischia di incrinare i rapporti interni della Russia di Putin e di mettere in difficoltà l’assetto politico vigente. Chi sono i guerriglieri della Wagner?

Notoriamente si tratta di mercenari, e loro, si sa, combattono dietro compenso.
Non certo per ideali, non certo per la patria, non certo per l’onore.
Per questo, e non per altro, hanno finora combattuto per Putin. Se ora abbandonano, come è accaduto, il committente, lo fanno perché ne hanno trovato uno che paga meglio e che è in grado di essere miglior contribuente per questa causa.
Già Petrarca e poi Machiavelli mettevano in guardia al loro tempo rispetto all’impiego delle milizie mercenarie, le quali milizie mercenarie non combattono per amor di patria e sono volubili, poiché sono sottoposte alla legge della domanda e dell’offerta.

A parte queste considerazioni storiche sulla inaffidabilità strutturale delle truppe mercenarie, la domanda da porre in questo momento particolare mi pare possa essere cristallizzata nel modo che segue: chi ha preso all’improvviso a pagare la Wagner per insorgere contro la Russia di Putin? Per chi lavorano ora i militi della Wagner? Chi ha realmente interesse e danaro per far sì che questi militari a pagamento combattano ora il loro precedente committente?

Quel che è certo è che è stato merito di Lukashenko, presidente della Bielorussia, l’aver bloccato tempestivamente la rivolta della Wagner. In particolare il presidente della Bielorussia ha operato una mediazione difficilissima ed è riuscito in extremis a bloccare la rivolta contro Putin. Lukashenko, si è confermato in tal guisa un pilastro della resistenza all’imperialismo atlantista e alle rivolte colorate che esso organizza.
Perché il dubbio che la Wagner sia stata pagata dai nemici della Russia, e quindi in qualche modo dalla civiltà del dollaro, è più che legittimo. Anzi, direi che alla luce degli ultimi accadimenti, appare un dubbio fondato e difficilmente smentibile.

Tra l’altro, nelle ore scorse, è apparsa una notizia che, ad esempio, leggiamo sul sito de Il Tempo, che così dice: “Russia, il tesoro di Prigozhin. 43 milioni e lingotti d’oro nell’ufficio della Wagner“.
Se ne evince, commentiamo noi, che in maniera geometrica qualcuno pagava i militari della Wagner meglio di Putin, e che di più li pagava esattamente acciocché insorgessero contro Putin. Questo è il quadro che emerge limpidamente da quanto accaduto.

Questa è una vicenda che in qualche modo chiede di essere letta con lenti diverse, ancora una volta, rispetto a quelle proposte in maniera prevedibilissima dagli amministratori del consenso, id est dai monopolisti della parola e dai gestori dell’ordine dominante, i produttori della forma mentis funzionale alla giustificazione dell’imperialismo liberal atlantista.

RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano, con Diego Fusaro