Matteo Messina Denaro è stato consegnato alla giustizia dopo 30 anni di latitanza. Dietro la cattura del capo di Cosa Nostra, però, oltre a un’indagine magistrale della Procura di Palermo, numerosi problemi di salute, come rivela Sigfrido Ranucci.

“Era l’ultimo grande latitante legato alle stragi, il filo rosso che ha unito vari periodi della mafia, depositario di molti misteri e segreti, oltre che dei rapporti che la Mafia aveva con i servizi segreti deviati“, commenta Ranucci. “Tra l’altro, è stato arrestato nel giorno dopo la ricorrenza dei 30 anni dal fermo di Riina. Ora bisogna capire cosa succederà alla Mafia, che era diventata ricca e invisibile. Il dato interessante è che è stato arrestato dentro la clinica villa Maddalena di Palermo, cui ricorrono i malati oncologici. Forse era in chemioterapia, sono indizi abbastanza importanti: arrestare un latitante di questa portata è un segnale importantissimo per lo Stato. Il fatto che non godesse di ottima salute al momento dell’arresto fa pensare che una parte di Cosa Nostra potrebbe aver deciso che il capo futuro potrebbe essere un’altra persona. Ne sapremo di più dopo i dettagli che dichiarerà il Ros“.

L’ arresto di Matteo Messina Denaro in una clinica oncologica è coerente con risultati investigativi, anche molto datati, che lo indicavano affetto da serie patologie. “Tracce del boss superlatitante risalenti al gennaio del 1994, lo collocavano infatti in Spagna, a Barcellona, dove si sarebbo sottoposto, presso una nota clinica oftalmica, ad un intervento chirurgico alla retina. Ma non solo: avrebbe accusato – sempre secondo risultanze investigative di alcuni anni fa- una insufficienza renale cronica, per la quale avrebbe dovuto ricorrere a dialisi. Per non rischiare l’arresto durante gli spostamenti per le cure ed i trattamenti clinici, il boss avrebbe installato nel suo rifugio le apparecchiature per la dialisi“, riporta l’ANSA. Una importante conferma sulle patologie accusate dal superlatitante giunse nel novembre scorso dal pentito Salvatore Baiardo, che all’inizio degli anni ’90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano a Milano. In un’intervista televisiva, su La7 a Massimo Giletti il pentito rivelo’ che Matteo Messina Denaro era gravemente malato e che proprio per questo meditava di costituirsi.

Questo è il risultato di anni di indagini di questo ufficio e delle forze di polizia che hanno prosciugato la rete dei favoreggiatori del boss Messina Denaro”. Lo ha detto all’ANSA il procuratore aggiunto Paolo Guido che, insieme al procuratore Maurizio de Lucia, ha coordinato l’indagine per la cattura del capomafia di Castelvetrano. “Questo – ha aggiunto Guido – è anche il frutto di un difficile e complesso lavoro di coordinamento tra le forze di polizia che in questo momento devono essere tutte ringraziate”.