Sono giunte al penultimo atto del “Lusail” entrambe dopo essere uscite indenni da più di uno degli snodi del destino di questo Mondiale che ha dato appuntamento a Croazia e Argentina in un continente “altro”, in uno spicchio d’Asia dove la sabbia del deserto non riesce a coprire le ingiustizie, quella dell’ ipocrisia invece sì.

Le impressioni dei primi giri di lancetta dicono che i balcanici si assicurano la custodia della palla, i sudamericani quella degli spazi.

Quando il primo terzo di gara se n’è andato tra giri di pallone che arrotondano anche la bocca di chi indulge allo sbadiglio, Alvarez apre le maglie difensive della Croazia in un mar rosso di trequarti spalancata verso la porta di Livaković, che può solo abbattere il nove dell’Albiceleste. Gvardiol e Lovren hanno commesso il peggiore degli errori: lasciare spazio a chi sa riempirlo di qualità. Messi scaraventa l’uno a zero sotto la traversa, dal dischetto, con una sfera che di tappa in tappa pesa sempre di più. Il raddoppio di Alvarez arriva di lì a poco, con un rimpallo mortifero per Sosa, dopo che Alvarez aveva di nuovo azzannato la porzione d’erba che precede la lunetta dell’area.

Alcuni ricami di Messi palla al piede riescono ad andare oltre la soglia degli aggettivi di Lele Adani: percepisce di non essere mai stato così centrale come in questi giorni, con la maglia della sua nazionale; restituisce al mondo la percezione, attraverso la frequenza dei passi che teleguidano la palla.

È finita qui la Croazia, senza peraltro mai cominciare? È la domanda che accompagna Modrić e compagni nel sottopassaggio, all’intervallo.
Si ripresentano un poco piu pungenti, grazie agli ingressi di Vlašić e Oršić, poi arriva anche Petkovíć; al tempo stesso, mai come stasera evidenziano la mancanza di concretezza offensiva.

Minuto 69: la palla si sente chiamare dal padrone, come un cucciolo docile che non deve fare altro che seguirlo; gli piroetta attorno, in una gimcana felice tra cavigliere croate, semplicemente gli si affida, facendosi voler bene a baci tacchettati; poi si fa sussurrare la direzione e consegna ad Alvarez la doppia firma della serata. A questo Mondiale che Ronaldo aveva iniziato con i proclami di un Cimabue, Messi sta regalando le prospettive di Giotto.

C’è spazio per l’esordio di Dybala, nell’ultimo scampolo di gara, con una giocata di qualità offerta a Mac Allister, poi per il commiato dalla partita di Luka Modrić, del quale nessuna sconfitta può intaccare il carisma.

Con il triplice fischio, oltre al grande sogno dei croati si celebra anche il commiato di Daniele Orsato dalla Coppa del Mondo. Un Mondo che ora mette l’Argentina davanti all’ultimo bivio: prima fra le deluse, o regina del pianeta.

Paolo Marcacci